Berlino: Potsdamer Platz
L’affascinate Potsdamer Platz è meta obbligata per
il turista che visita Berlino. La storia di questa piazza, oggi
cuore di una nuova centralità urbana, affonda le proprie
radici in tempi lontani, caricandosi col passare degli anni di
trasformazioni, significati e curiosità.
In pochi, infatti, sanno che negli anni ’20 del Novecento
è proprio a Potsdamer Platz che venne installato il primo
impianto di illuminazione stradale elettrico di tutta l’Europa!
Rimaniamo agli anni Venti. A quest’epoca Potsdamer Platz
era il nucleo vivo della città più in fermento di
tutto il vecchio continente: il traffico di merci e di genti faceva
di essa il più conosciuto centro commerciale, culturale
e del divertimento di una Berlino attiva in ogni campo, crogiolo
delle novità che avrebbero segnato le sorti del mondo nel
XX secolo.
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I grattacieli della Patsdamer
Paltz
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secolo. Come conseguenza a una
altrettanto grandiosa impresa, questa volta negativa, Berlino esce
dalla Seconda Guerra Mondiale drammaticamente devastata; così
il 13 agosto del 1961, ridotta a un cumulo desolato di macerie,
Potsdamer Platz abbandona amaramente il ricordo della sua vivacità.
Lo stesso Muro di Berlino, a cui oggi milioni di turisti dedicano
scatti e su cui ormai si è impostato un vero e proprio business,
solcava Potsdamer Platz strappandola a quell’unità
che forse ancora oggi, 23 anni dopo la caduta del muro, si fatica
a ricucire.
Se il primo accenno a una rinascita, a un’unione non solo
territoriale ma anche culturale, è stato il celebre concerto
dei Pink Floyd “The Wall”, tenutosi proprio nei 12 ettari
di terreno brullo di Potsdammer Platz, l’intervento pianificato
dal Senato durante gli anni ’90 è l’ultimo palese
atto di concretare il desiderio di trasformare i brandelli di una
città distrutta dai bombardamenti e dalla Guerra Fredda in
una nuova, moderna Berlino.
Avviata nell’immediato periodo dopo la caduta del Muro la
ricostruzione di Postdammer Platz fu lasciata ad un concorso di
idee e di progetti, vinto dagli architetti di Monaco Heinz Himmler
e Christoph Sattler, mentre Renzo Piano e Helmut Jahn firmarono
i progetti esecutivi, rispettivamente per l’edificio della
Daimler AG e l’area limitrofa e per il Sony Center e la zona
urbana su cui insiste. |
Il giorno dell’inizio dei lavori il Die Zeit
titola l’articolo di punta: “un’operazione a cuore
aperto”. Si può effettivamente considerarla tale?
Come dare torto al giornalista: tra gli edifici di Scharoun e Mies
Van Der Rohe, proprio nei pressi di Berlin Mitte, stava nascendo
un'enorme, unica, isola architettonica.
Nel più sorprendente ed esteso intervento di riqualificazione
urbanistica, il più grande del mondo per l’epoca, la
bravura dei progettisti si fonde all’eleganza della forma
urbana nel progetto che avrebbe dettato più tardi i principi
dell’urbanistica del XXI secolo. Ricalcando la logica formale
della linguistica dei due Architetti, sia l’area attribuita
a Piano che quella di Jahn convergono sull’obiettivo comune
di portare il tessuto urbano della città metropolitana fino
a Potsdamer Platz. |
Il Complesso del Sony Center
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Uno dei grattacieli berlinesi
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Renzo Piano progetta strade dalle sezioni più
contenute, intrecciate a un disegno degli edifici privati e commerciali
più vicino allo stile europeo; viceversa Helmut Jahn trova
l’equilibrio tra l’edificato e la mobilità in
un intervento ultra moderno il cui acmè è senza ombra
di dubbio definito dall'avveniristica copertura in vetro e acciaio,
totalmente a sbalzo, ammorsata saldamente ai tiranti ancorati agli
edifici del Sony Center.
La fusione tra la tradizione e l'ambizione futuristica è intrinseca
al progetto di riqualificazione di Potsdamer Platz che, grazie ad
importanti investimenti internazionali, ha potuto dare inizio a
quel processo, da molti definito di "resurrezione" di questo angolo
di città a cavallo tra la Repubblica Democratica Tedesca e la Germania
Ovest. Una celere resurrezione della vasta area di Potsdamer Platz
priva ormai di una propria identità e di una correlazione con il
tessuto urbano adiacente, come ricorda Renzo Piano nella frase che
ormai ha girato tutti i network: "Ci vogliono 500 anni per fare
una città, 50 per fare un quartiere.A noi hanno chiesto di fare
una bella fetta di Berlino in 5 anni". |
Una suggestiva veduta notturna
del Sony Center
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La fantasiosa copertura ad
ombrello del Sony Center
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La piazza berlinese risulta composta
da tre grandi lotti, acquistati (in alcuni casi prima ancora della
caduta del muro) da grandi nomi del commercio internazionale, conosciuti
come Daimler City, Sony Center e Beisheim Center. Il primo esempio,
firmato dal genovese Renzo Piano, comprende 19 edifici multifunzionali
separati in due settori dalla Alte Potsdamer Strasse, di cui il
più suggestivo è la torre in pietra e vetro Debis, alta ben 106
metri, che insiste proprio sulla piazza.
Completamente differente dai leggeri grattaceli su Potsdamer Platz,
l'edifico rappresentativo del complesso del Beisheim Center è quello
di Hilmer e Sattler in pietra naturale. Destinato ad uffici, residenze
e negozi si compone di un blocco più alto e uno più basso che richiamano
stilisticamente i dettami dell'architettura del primo Novecento.
Infine il Sony Center, i cui edifici, vero e proprio guscio alla
preziosa piazza ovale interna, celano alla vista dall'esterno il
più alto esempio di architettura e ingegneria che pende dalla bellissima
copertura ad ombrello, quasi a confluire nel baricentro della strabiliante
configurazione triangolare esterna.
Cancellata, stravolta, traumatizzata, Potsdamer Platz oggi rivive
del fermento con cui è nata: il turismo, gli eventi organizzati
sotto la straordinaria cupola del Sony Center, il Festival del Cinema
e la vita che pian piano si riappropria di quest'area e lascia
una speranza per il futuro, mentre i periodi bui sono ricordati
solo dalle scene del film "Il cielo sopra Berlino", girate in quella
stessa piazza prima che il Muro venisse distrutto. |
Ilaria D'Ambrosi, laureata in Architettura all'Università Roma Tre
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