L’arte performativa di Mona Lisa Tina si apre all’interattività
con una sorta di macro-etica planetaria di cui oggi dobbiamo constatare
l’assenza e mai come oggi se ne avverte la necessità.
Incontro l’artista a Bologna, in un’aula dell’Università
a Santa Cristina, per parlare della sua prossima esperienza performativa.
Essa si terrà ad Hannover il 16 marzo prossimo, all’interno
del IV Festival di Filosofia, presentata dalla scrivente, con la
traduzione di Assunta Verrone. Il tema del Festival è la
Giustizia. Mona Lisa Tina si dedica al mondo dell’Arte Performativa
nella sua composita molteplicità e propone una visione personale
di Performance-Terapia nella contemporaneità artistica in
relazione alla cultura e alla società odierna; l'artista
dà voce alla verità espressiva dell’arte e del
teatro contemporaneo distanziandosi da logica e razionalità.
Ma per meglio entrare nel suo universo poetico le pongo alcune domande.
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- Carmelita B: le tue indagini performative accolgono riflessioni
legate al dialogo e all'incontro con l'Altro, in uno spazio meticolosamente
allestito per l'occasione: quanto è importante quest'aspetto, ai
fini della realizzazione di ogni specifico progetto?
- Mona Lisa T: la maggior parte dei miei progetti si articola
a partire dalle riflessioni intorno al tema dell'autorappresentazione
e dell'identità. All'interno di essi e attraverso l'esposizione
del mio "corpo", propongo un setting performativo molto suggestivo
e fortemente sinestetico. Esso è costituito dal rigoroso allestimento
di tutte le sue parti e dall'inserimento di più linguaggi visivi,
che amplificano ulteriormente l'interazione con il pubblico. Per
esempio, con l'utilizzo di singolari lampade ad alto voltaggio e
con la diffusione di bande di luce è possibile indurre sui presenti,
durante l'esperienza performativa, una intensa sensazione di calore.
Inoltre l'impiego di materiali naturali, come rami di ulivo o spago,
adoperati per la realizzazione di una serie di "sculture indossabili",
specifiche per ogni progetto artistico, oltre a potenziare nella
loro interazione la percezione tattile, è in grado di produrre aromi
particolari, che rimandano, per associazione, a tipici odori organici.
L'intervento audio dal vivo permette a sua volta allo spettatore
di abbandonarsi ai propri ricordi, facendo riemergere private sensazioni
corporee. Mi auguro che la sinestesia che ricreo all'interno dei
miei lavori venga vissuta come un'esperienza corporea e mentale
irripetibile, anche se mi rendo conto che non tutti coloro che prendono
parte all'evento saranno totalmente in grado di riflettere e aderire
ai temi proposti. Incentrato sulla totalità dell'incontro profondo
con l'Altro, il mio progetto intende proporre il "Corpo" come veicolo
ancestrale di comunicazione su più piani di lettura. Ciò che mi
stupisce di più non sono le resistenze psicologiche, che per storia
personale ciascuno di noi possiede, ma il fatto che il linguaggio
performativo, nonostante sia presente come espressione artistica
da almeno sessant'anni sulla scena dell'Arte, rinnovando ed integrando
al carattere socio-culturale del contesto i propri codici estetici
e di contenuti, non venga compreso tutt'oggi nella sua pienezza.
Mi domando se ciò non derivi dalla brutta abitudine indotta dalla
cultura dei nostri giorni che ci offre l'Altro non come una presenza
positiva su cui investire affidamento e complicità, ma al contrario
come un competitor o una minaccia da eliminare. Eppure, mi piace
pensare che, nonostante tutto, sia possibile, a partire da questa
prospettiva, riconsiderare, ciascuno nella propria intimità, questa
relazione con il prossimo come un dono prezioso di cui prendersi
umanamente e amorevolmente cura e, per quanto mi riguarda, inteso
nel senso più laico ed universalmente ampio.
- C.B. - : Per il filosofo Karl-Otto Apel ad avvicinare l'individuo
alla società è la semiotica trascendentale, ovvero la teoria dei
segni. Nel caso della tua indagine artistica è il "corpo" che si
fa veicolo di comunicazioni importanti e accompagna il fruitore
in una dimensione performativa sensoriale. Grazie ad essa e al linguaggio
dell'arte, egli è in grado di entrare in contatto con una realtà
del profondo che sente propria ma che, ad una riflessione più attenta,
si rivela come qualcosa che appartiene in senso lato alla collettività.
Ritieni dunque che la tua indagine espressiva e le sue simbologie
siano rivolte esclusivamente ad un pubblico di settore, che possiede
gli strumenti per comprenderne i significati, o che si tratti di
progetti accessibili a tutti?
- M.L.T. - : I miei progetti nascono con il desiderio di
accogliere simbologie universali in grado di raggiungere e coinvolgere
emotivamente un pubblico sempre più vasto e articolato. La mia indagine
artistica pone al centro delle sue riflessioni il "corpo", che per
forza di cose ci appartiene fin dai primi istanti di vita. A tal
proposito vorrei specificare che quando uso il termine "Corpo" non
mi riferisco esclusivamente alla sola fisicità della persona, ma
al contrario alla sua totalità identitaria, che si esprime attraverso
la relazione armoniosa e ben integrata della sua dimensione psichica,
emotiva e appunto corporea. All'interno del mio percorso creativo
propongo un "corpo genuino" che comunica questa totalità dell'essere
nella relazione con l'altro e con il mondo in modo autentico e diretto.
Questo deve avvenire al di là del genere e dell'etnia di appartenenza,
senza potenziali filtri mentali di repressione e formalità, che
la cultura dei nostri giorni ci invita ad assumere, e senza il carico
di simbologie di seduzione, che non sempre corrispondono alla realtà.
Mi auguro perciò che durante l'esperienza di un mio evento performativo
tutti questi contenuti vengano colti da chi molto generosamente
decide di prendervi parte. Ma sono certa che in fondo quelle su
cui mi soffermo sono dimensioni che riguardano modalità comunicative
antiche e profonde, che appartengono da sempre alla collettività
e perciò accessibili a tutti.
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Mona Lisa Tina: performance "Into the core"
performance "Into the core"
Performance "Into the core"
Performance "Human"
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- C.B. - : Le ambientazioni artistiche che fanno da corollario
ai tuoi progetti performativi risultano emotivamente ed esteticamente
molto coinvolgenti; all'interno di esse sembrano convivere e dialogare
due dimensioni spazio-temporali molto diverse tra loro: quella di
un'esperienza artistica mentale multisensoriale proposta da te e
quella, più concreta, legata all'oggettività del vivere quotidiano
del fruitore. Credi sia possibile riconoscere una linea di confine
tra queste due dimensioni? Le performance "Into the core" e "Human"
sembrano rimandare ad alcune simbologie universali legate al tema
della Vita e alle sue trasformazioni. Desideri in questo modo condividere
con il pubblico una riflessione collettiva che esalti gli aspetti
esistenziali in tutte le loro sfumature?
- M.L.T. - : Non so se sia possibile delineare un confine
riconoscibile tra le due dimensioni: sai bene che la mia indagine
artistica trae ispirazione e alimento dai miei vissuti e che, in
senso più generale, ogni percorso artistico, si fa interessante
nel momento in cui il materiale emotivo e creativo privato viene
trasformato in un'immagine visiva universale. Quindi, ritornando
alla tua domanda, penso che il confine tra queste due realtà sia
certamente evidente nella misura in cui si stabilisce per la prima
volta un contatto reale tra di esse. Ma è anche vero che l'insieme
del progetto artistico, fungendo da spazio di relazione comune,
ne sfuma i contorni, proponendo così un'unica dimensione data dall'interazione
tra quella dell'artista con il suo interlocutore. In ogni caso,
sono certa che ogni progetto, al di là del suo specifico linguaggio,
rappresenta un'immagine allo specchio nella quale l'artista e il
pubblico possono riflettersi e ritrovare parti di sè. Le mie performance,
come dicevo, in genere intendono proporre un'esperienza sensoriale
che coinvolge sia me che il pubblico, stimolando ed evocando in
ciascuno il proprio immaginario. Con l'uso del mio "corpo" desidero
riattivare simbologie universali e memorie antiche in un'epoca in
cui assistiamo con grande facilità ad una vera e propria strumentalizzazione
di esso, spogliato, nel senso letterale del termine, dei propri
significati profondi. Sia "Into the core" sia "Human",
hanno accolto, seppure in modi diversi, riflessioni legate alla
sacralità del "corpo", che viene proposto soprattutto come luogo
di incontro autentico e di processi trasformativi importanti. Attraverso
di esso e con il coinvolgimento del pubblico, si è voluto suggerire
la necessità di una riflessione legata al bisogno di una riappropriazione
identitaria più consapevole, promuovendo nell'azione un momento
di ancestrale autocoscienza.
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Monalisa Tina: performance
"Human"
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Carmelita Brunetti, specializzata in Psicologia
dell'arte, Direttore Responsabile della rivista "Arte Contemporanea".
e-mail:
carmelita.arte@libero.it
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