Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale-Anno III-Gen./feb. 2007, n.7
IL COSTUME NEI SECOLI  

DISSERTAZIONI SULLA MODA


L' "Umanesimo" nella moda

di Bruna Condoleo





Prendendo lo spunto da un evento singolare che si sta svolgendo a Milano, con l'esposizione di 10 grandi tele del pittore quattrocentesco Andrea Mantegna, padrino d'eccezione un Dario Fo che fa rilevare come la moda di quell'età non sia un episodio marginale, ma un'espressione superlativa in cui si intrecciano cultura e storia dell'arte, vogliamo soffermarci sull'evoluzione del costume del Rinascimento. Quest'ultimo ha indubbiamente rappresentato un'epoca in cui la bellezza femminile, l'armonia e la raffinatezza del costume sono state considerate valori importanti, capaci di esprimere una dimensione classica ed un amore per la vita particolari.
In pieno ‘400, infatti, quando la cultura umanistica ha fatto della Firenze medicea il fulcro del rinnovamento intellettuale ed artistico che si diffonderà lungo tutta la Penisola e da qui all'intera Europa, anche l'abbigliamento diviene testimone del cambiamento della mentalità e della nuova visione del mondo. Dal momento che è l'uomo il centro degli interessi filosofico-culturali e politici, "la copula mundi", anche il costume, com'è ovvio, intende esprimere questa rinascita con l'accentuazione delle forme anatomiche del corpo, riportando la linea del punto vita al posto naturale e proponendo per le donne ampie scollature che esaltino il candore della pelle ed assecondino le curve dei fianchi.
Nei primi decenni del ‘400 la dama indossa una gamurra o camora, una veste intera inizialmente in panno o in lana grezza, il cui tessuto diviene, per le classi abbienti, sempre più prezioso: broccato, velluto o damasco. A questo abito, segnato in vita, con scollatura quadrata, si aggiungono maniche spesso staccabili, percorse da tagli da cui fuoriescono gli sbuffi della camicia, a volte aperte dal gomito in giù, anche realizzate con colore e tessuto diversi dal vestito. A seconda del rango della famiglia, le donne potevano abbellire con fodere di seta o di pelliccia i loro abiti, che nel periodo invernale erano ricoperti da sopravvesti aperte lateralmente, dette giornee.






                          
Camora con decorazione di perle                      Gamurra in velluto ricamato



fino al collo con un piccolo e grazioso colletto, che solo dopo la metà del ‘500 diverrà la gorgiera, usata da ambedue i sessi, rigida e d'influenza spagnola.
E' interessante notare come l'uso dei tagli sulle maniche e su parte dell'abito, per uomini e donne, sia il frutto di una moda arrivata in Italia con le truppe dei Lanzichenecchi, la quale si trasferisce dall'abbigliamento militare al costume civile (cosa insolita), portando all'esagerazione l'uso della passamaneria e dei nastri.
Cosa portavano sul capo le dame del Rinascimento? La storia della pitura ci aiuta a rispondere a questa domanda: nei primi decenni del ‘400 spariscono in Italia i copricapo femminili tanto usati in età gotica ed immortalati nei dipinti famosi del Pisanello: quello alto a forma di cono, detto hennin, molto amato in Francia, e quello a sella o a corna, ricoperto da veli che scendevano lungo il volto. Il capo comincia, dunque, a liberarsi di ogni costrizione: mentre le donne anziane e di umile condizione usano ricoprirsi con semplici pezze di lino, cuffiette bianche o turbanti colorati, le fanciulle nobili si legano i capelli in morbidi chignon, in trecce laterali molto elaborate o lunghe e centrali, appositamente infiocchettate. Grande spazio, dunque, viene dato alle acconciature dei capelli, che si ritengono un elemento caratteristico della femminilità e della bellezza; essi vengono curati e schiariti al sole o con il thè, per raggiungere il tanto agognato colore ramato, tipico delle donne dipinte dal celebre pittore Tiziano. Infine sulle morbide acconciature vengono poggiati veli sottilissimi o reticelle dorate, adornate di perle o di piccoli gioielli, soprattutto rubini, come vediamo nei bellissimi ritratti di Pier della Francesca, di Mantegna, di Leonardo, di Raffaello, di Paolo Veronese.
Anche l’uomo rinascimentale è molto elegante ed austero: l’abito maschile è costituito da un farsetto, che rispetto a quello trecentesco diviene un indumento sempre più ampio orizzontalmente e ricco di tessuto e di decorazioni, indossato su calze-braghe colorate e suolate. Dal farsetto s’intravede sempre la camicia bianca e sopra di esso s’indossa un mantello corto, di cui solo i popolani sono sprovvisti, spesso di color nero, o rosso per i medici ed i nobili, a volte anche lungo fino ai piedi e provvisto di un cappuccio, quest'ultimo fornito di 3 parti: il mazzocchio, un anello ampio che fascia la testa, la foggia che scende sulla spalla ed il il becchetto, una sorta di sciarpa che si può avvolgere attorno al collo. Un altro copricapo alla moda è la berretta, in panno morbido e ornata da un pennacchio, portata soprattutto dagli uomini giovani. Spesso i mantelli e le cappe maschili vengono bordati o foderati di pelliccia, zibellino e lince per i potenti, come la schaube di foggia tedesca, molto di moda anche alla corte inglese di Enrico VIII, con cui si fa ritrarre in dipinti famosi. L’abbigliamento maschile adotta pochi colori, che all’inizio del ‘500, soprattutto in Italia, sono sobri e classici, come il nero ed il grigio, mentre nel corso del secolo, soprattutto per influsso della moda tedesca ed inglese, si prediligono più accesi.
Le calze-braghe subiscono anch’esse nel corso del Cinquecento alcune trasformazioni importanti, diventando calzoncini rigonfi ed imbottiti, come nella moda spagnola, o lunghi e morbidi al ginocchio, come nella moda francese, dove si congiungono con le calze, ora di maglia e trattenute dalle giarrettiere. Inoltre si accentua a dismisura l’uso della braghetta, una sacca che ricopre il membro maschile, vistosa ed imbottita sia per motivi pratici, legati ai combattimenti frequenti fra nobili, sia per motivi puramente estetico- narcisistici, ovvero per esibire ed esaltare la virilità!
Nel corso del ‘500 anche la dama comincia ad elaborare il suo lineare e morbido vestito, che ora si divide in corpetto, sempre più rigido ed allungato sulla gonna ampia, arricchita da pieghe e sostenuta da una leggera armatura, che nella moda spagnola si definirà verdugade (ovvero vertu-gardien= guardiano della virtù!), mentre da noi si chiamerà faldiglia. Proprio a questa forma a campana della gonna, ottenuta con un rinforzo rigido realizzato in bambagia o con cerchi di arbusti simili ai vimini, si deve ascrivere il primo esempio di quelle costrizioni corporee che inibiranno la naturalezza del corpo femminile, accentuandosi nel ‘600 per persistere, con fogge e modalità diverse, fino agli inizi del ‘900, unica eccezione: l’età napoleonica! E' proprio in questo periodo che alcune donne cominciano ad usare dei calzoncini, un indumento intimo portato sulla pelle nuda, civettuolo e considerato immorale, dunque molto osteggiato dai religiosi, tanto che una volta abolito, diverrà una caratteristica esclusiva delle prostitute!


Le scarpe femminili, all’inizio del ‘400 semplici pianelle abbinate al colore ed alla stoffa degli abiti, diventano nel corso del XVI secolo un accessorio molto lussuoso, decorato con pietre anche preziose e creato con forme inusuali, spesso scomode, come dimostrano delle originali scarpe veneziane, conservate nella galleria Parmiggiani di Reggio Emilia, munite di tacchi altissimi. Altro accessorio stravagante e prezioso sono le cinture, se pensiamo che venivano forgiate anche da artisti famosi, come quelle create da Benvenuto Cellini: portate sia dagli uomini che dalle donne, costituiscono una sorta particolare di gioielli, perché realizzate in materiali preziosi, come oro e argento, con sacche in cui venivano inseriti profumi ed essenze, tanto che alcune normative sontuarie lombarde fanno chiaro diniego al loro uso, come pure una bolla pontificia di Sisto V del 1586, che ne vieta l'uso, mentre a Napoli, curiosamente, le leggi risultano molto più tolleranti. Ma siamo già alla soglia di un’epoca nuova: negli ultimi due decenni del XVI secolo il bel costume del Rinascimento, così armonioso ed elegante, sta inevitabilmente trasformandosi e da allora inizierà, secondo le leggi dell'omologazione e della differenziazione, una moda diversa....





 







Vestito in lana con maniche
preziose, metà del '400






Altra caratteristica dell'abbigliamento nobiliare erano le decorazioni con perle, sul cui uso le leggi sontuarie, ovvero le leggi contro il lusso eccessivo, davano rigidi dettami, a seconda del casato di appartenenza e del prestigio della famiglia. Ad esempio, alla fine del ‘300 le leggi sontuarie milanesi consentivano soltanto ai duchi ed ai militi l'uso di decorazioni con perle, ma già dopo un secolo le stesse leggi concedono questo
privilegio anche alle mogli dei senatori, dei conti, dei marchesi, dei giudizi, dei fisici e dei notai, mentre soltanto alle duchesse restava la possibilità di usare stoffe tessute con fili d'oro e d'argento!
Un indumento importante per uomo e donna è la camicia bianca, molto ricca di tessuto, che prima s'intravede all'attacatura delle maniche, poi fuoriesce dai tagli delle stesse, infine s'increspa sul decolletè e sale





Completo maschile del '500: farset-
to e schaube in velluto damascato





Sopravveste in tessuto
ricamato e camicia, fine '400






Abito in damasco con maniche a
sboffi della prima metà del '500





Zoccoli "originali" della seconda metà
del '500 con tacchi 12,5 cm. (Venezia) Galleria Parmiggiani, Reggio Emilia
Completo di velluto nero con braghe
di gusto francese, seconda metà '500
Pianelle"originali" della seconda metà del '500 con tacchi e merletti. Museo del Costume Parmiggiani, Reggio Emilia

Abito di gusto spagnolo con corpetto
rigido e gorgiera, seconda metà '500
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Gli abiti fotografati fanno parte di una collezione di abiti di foggia antica, conservata nel Museo del Costume farnesiano di Palazzo Farnese, a Gradoli (Vt), che riproduce costumi tratti da famosi dipinti del '400 e del '500.


 
             
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