Pier Paolo Pasolini: centro di un forte ed efficace gioco di rifrazioni, che
conclude le celebrazioni per il trentennale della sua morte. Singolari,
inesplorate interferenze tra il suo cinema e la pittura, la fotografia e la
scenografia, in una mostra dal titolo " Pasolini e noi. Relazioni tra arte e cinema ", attraversano
trasversalmente le arti cui egli ha attinto e di cui è stato ispiratore.
Si inaugura così l'edizione 2005 delle Vetrine alla Calcografia, progetto
decennale di mostre di arte contemporanea, ideato appositamente per
l'Istituto Nazionale di Grafica, con sede a Roma. Il titolo dell'esibizione ci riporta, e non solo
formalmente, ad un'intervista televisiva a Federico Zeri, trasmessa da Canale 5 nel 1995, corposa
premessa "teorica" che svela la fonte più seduttiva dell'impianto
espressivo del cinema pasoliniano. "Pasolini"- affermava Zeri- "ha avuto una
sorta di folgorazione dalla pittura antica, e quando ha approfondito questa
sua, diciamo, curiosità, ha trovato che la pittura antica può fornire una
quantità enorme di spunti tipologici e formali, che lui ha tutti
reinterpretati". Pasolini, che era stato allievo di Roberto Longhi all'Università
di Bologna e aveva seguito il suo corso su “Fatti di Masolino e di Masaccio”, pensava, infatti, di diventare uno storico dell'arte.
Non tutti sanno quanto e come il suo amore per la pittura, spiega la
curatrice della mostra, Laura Cherubini, informi il suo stile prima ancora di
sostanziarsi nelle colte citazione iconografiche dalla "Deposizione" di
Pontormo, nel film "La ricotta" o da Rosso Fiorentino, artisti manieristi ai quali
Pasolini ha pur guardato, per dirla ancora con Zeri, "perché erano pittori
dei quali avvertiva la sostanza agitata, tipica di un periodo di crisi, di
transmutazione. Ha avvertito soprattutto in Pontormo il dramma interno
dell'artista solitario, incompreso, omosessuale ed in Rosso ha capito, non so
pero' fino a quale punto, il profondo divario fra le cose che dipingeva e
quelle in cui credeva". Pasolini guadagna, così, la purezza estetica
necessaria a mitizzare il neorealismo superandone gli stretti confini, e,
sulla scia di Masaccio e Caravaggio, elegge l'esemplarità di un codice di
luci e di ombre, e ancora la pregnanza dei caratteri
affiorante da crude fisionomie di uomini, prima che di attori (non a caso quasi tutti gli attori dei suoi films sono amici o parenti!).
Nella mostra citata, tuttavia, Pasolini è principalmente oggetto di taluni
interessanti lavori di artisti, da lui ispirati.
Del lavoro di Fabio Mauri che al GAM di Bologna, nel '75, proietta sul
petto di Pasolini il " Vangelo secondo Matteo ", l'esposizione delle Vetrine
ci ripropone un'interessante simulazione, al centro di una dettagliata
documentazione fotografica della performance originale, eseguita da Antonio
Masotti.
Conferisce un certo peso all'iniziativa il lavoro di Adam Chodzko, "Reunion Salò" del 1998, il quale si mise alla ricerca dei 15 attori di Salò
orribilmente torturati ed uccisi nel film di Pasolini, sulla scia di un'ossessione: "quei
ragazzi sono stai veramente uccisi?". All'appello non rispose nessuno,
tranne l'attrice che, su espressa richiesta, era stata l'unica superstite
dell'eccidio. Fu così che Chodzko ebbe l'idea di cercare i sosia di quegli
interpreti per organizzare una piccola festa, con palloncini colorati, in un
clima di ilarità quasi infantile, filmata in un montaggio alternato ad
alcune immagini cruente del film.
Completano la mostra, che si concluderà il 12 febbraio 2006, gli otto video di Grazia Todari, del 1998, per il Balletto della Compagnia Virgilio Sieni, ispirato al “ Fiore delle mille e una
notte ”, le scene ed i costumi progettati da Giulio Paolini
per la
messainscena di “ Teorema ”, al Maggio Fiorentino nel 1999 ed infine le sequenze fotografiche di Tracey Moffatt, ispirate al film "Accattone".
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Riproposizione della proiezione del
"Vangelo secondo Matteo" di PP. Pasolini
T.Moffatt: foto ispirata al film "Accattone" di PP. Pasolini
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