Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno II - Nov./dic. 2006, n. 6
I CAPOLAVORI DEL FEC 

I MONUMENTI DI DIO

La chiesa dei Santi Giovanni e Paolo al Celio
di Bruna Condoleo



"Il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno" (FEC) rappresenta l'espressione più significativa delle esperienze storico - culturali succedutesi nel nostro Paese nel corso dei secoli.
Un patrimonio ricco e variegato amministrato dall'apposita
Direzione Centrale per l'Amministrazione del FEC, inserita nel Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, in sede centrale, e dagli Uffici Territoriali del Governo, le Prefetture, a livello periferico.
Il FEC, che nell'attuale organizzazione ha come suo legale rappresentante il Ministro dell'Interno coadiuvato da un Consiglio di Amministrazione, è una realtà del tutto particolare nella Pubblica Amministrazione, sia per storia e origine del suo patrimonio, proveniente dagli enti religiosi disciolti dalla cosiddetta legislazione eversiva di fine 800, che per i compiti cui è preposto a svolgere: garantire una gestione attenta volta alla conservazione, restauro, tutela, salvaguardia e valorizzazione degli edifici sacri, aperti al pubblico e concessi in uso gratuito all'Autorità Ecclesiastica, di grandissimo pregio storico, artistico e culturale, dislocati su tutto il territorio nazionale e delle molteplici opere d'arte in essi custodite e universalmente conosciute.
Tra le oltre 700 Chiese più importanti del FEC basta citare: San Domenico, Santa Maria dei Servi e la Chiesa del Corpus Domini a Bologna; Santa Croce, Santa Maria Novella e San Marco a Firenze; Santa Maria in Aracoeli, Santa Maria del Popolo, Sant'Andrea delle Fratte, Santa Maria della Vittoria, Sant'Ignazio, Santa Francesca Romana, Santa Maria sopra Minerva, Sant'Andrea della Valle e la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio a Roma; Santa Chiara con l'annesso monastero, San Domenico Maggiore e San Gregorio Armeno a Napoli, la Chiesa del Gesù e Santa Maria dell'Ammiraglio o alla Martorana a Palermo . Michelangelo Buonarroti, Guido Reni, Paolo Veneziano, il Caravaggio, Gian Lorenzo Bernini, il Cavalier d'Arpino sono alcuni degli autori più illustri e rappresentativi dei più grandi capolavori della storia dell'arte internazionale, le cui opere sono conservate nelle chiese del FEC.
Insieme alle Chiese, il Fondo annovera nel suo patrimonio anche importanti aree museali ed un interessante fondo librario antico, custodito nella biblioteca della Direzione Centrale e costituito da circa trecento volumi editi dall'anno 1552.

Prefetto Francesco La Motta
Direttore Centrale per l'Amministrazione del Fondo Edifici di Culto

Ministero dell'Interno




Amore e morte nella Roma antica




Chi, oltrepassando l'Arco di Dolabella, dovesse inoltrarsi per una romantica e solitaria stradina che costeggia Villa Celimontana, a Roma, denominata via S. Paolo della Croce, intravedrebbe prima un'imponente cupola ottocentesca, poi l'ampia facciata della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, sottolineata da un lungo nartece di antiche colonne di granito africano. Il fascino di questo tempio cristiano, oltre alla fastosa architettura del suo interno, promana dall'antichissima storia del sito che permette al turista di compiere, nel breve arco di una visita, un viaggio di quasi due millenni. Da quando il sito era popolato da insulae romane, affollate di botteghe, a quando fu costruita la primitiva chiesa paleocristiana ai successivi rifacimenti nel corso del tempo, si giunge alla fine dell'800, epoca in cui fu dedicata a San Paolo della Croce, grande mistico del ‘700 e fondatore della Congregazione dei Passionisti, una lussuosa cappella nella navata destra della basilica.





Roma: Ss Giovanni e Paolo al Celio. (A sinistra l'antico "Clivo di Scauro")



svettante campanile romanico ed al nartece della facciata.
Tutt'oggi il bel portale d'ingresso decorato con due leoni alla base ed un'aquila alla sommità proviene dall'antica chiesa.
Nel XII secolo il cardinale Cencio Savelli, divenuto poi Papa Onorio III, arricchì la facciata di una galleria sopra il portico, che un restauro ha riportato all'originario aspetto a metà del ‘900, ma soprattutto volle abbellire l'interno, chiamando il Maestro Cosma, caposcuola dei famosi marmorari romani, cui fece realizzare il pavimento a mosaico, la schola cantorum e l'altare con il ciborio (eliminati in età barocca), proprio nel locus martyrii, posto sopra la zona sottostante da cui provenivano le reliquie dei santi Giovanni e Paolo (trasferite nel ‘700 nell'urna bronzea ancor oggi sotto l'altare). Tra i rifacimenti che la chiesa subì, l'intervento decisivo per l'aspetto odierno fu quello attuato nei primi decenni del ‘700 che ne trasformò l'interno in un ambiente sfarzoso ma elegante, ricco di decorazioni dorate, diviso da pilastri, cui furono addossate le colonne dell'antica costruzione.





L'interno della chiesa (1718) ed il pavimento cosmatesco




Gennaro da san Stanislao, da cui subito risultò che la zona era ricca di resti archeologici d’età diverse e di reperti di grande interesse storico-documentario ed artistico.
Da allora molte le indagini, gli scavi e le scoperte, tanto che il gruppo di edifici portati oggi alla luce è uno tra i più notevoli esempi di stratificazioni archeologiche ed urbanistiche dell'età imperiale. Infatti ad un 'insula risalente al II secolo d. C., formata da un portico a botteghe e da un piano alto, si aggiunge una grande domus del III secolo, forse fusione di due precedenti abitazioni.





Il ninfeo della casa con gli affreschi di miti marini (metà del III sec. d. C.)




secondo la tradizione proprio Giovanni e Paolo! A quell'epoca è databile la “ confessio”, un piccolo ambiente con una fenestella aperta in corrispondenza delle fosse dei martiri, i cui affreschi mostrano la figura di un orante al centro e l'immagine di un crudele martirio sulla parete destra: tre figure bendate, due uomini ed una donna, probabilmente Crispo, Crispiniano e Benedetta, che rinvennero i corpi di Giovanni e Paolo e furono perciò decapitati. Più in basso Santa Benedetta, vestita con una stola romana, indica il luogo della sepoltura dei fratelli martirizzati! Pur tra le differenti interpretazioni, queste immagini acquistano un valore enorme per la rarità del soggetto, essendo tra le più antiche rappresentazioni di un supplizio cristiano ritrovate finora.
Se le storie cristiane affascinano per il mistero che aleggia attorno ad esse, il ninfeo riporta ad un clima pagano: la scena mitologica raffigura su di uno sfondo marino Proserpina che liba con Bacco alla presenza della madre Cerere, oppure Venere o Teti, dee del mare, mentre banchettano tra eroti felici.
Per godere di questi rari ritrovamenti archeologici, il visitatore, uscito dalla basilica, deve inoltrarsi per il Clivo di Scauro , un'antica via che conserva la denominazione originaria, proseguimento della strada extraurbana della Caelimontana (Scauro è forse il nome del censore del 109 a.C., proprietario di un ricco palazzo attiguo, citato perfino da Plinio).







Affresco del Ninfeo: Proserpina o Venere con Bacco (metà III d.C.)



 





Sul colle, verso la chiesa.. (f.frank)



Eretta sul colle Celio nel 410 per volere del senatore cristiano Pammachio, la chiesa, a tre navate, è dedicata ai martiri Giovanni e Paolo, due soldati romani che nel 362, sotto il regno di Giuliano l'Apostata, vennero decapitati perché si professarono cristiani. Purtroppo la primitiva chiesa fu quasi distrutta durante l'invasione normanna di Roberto il Guiscardo nel 1084 e soltanto nel secolo seguente venne ricostruita assieme all'attiguo convento, allo



Tra le colonne del nartece, il portale romanico del XII sec.. (foto frank)



Scomparve ogni ricordo architettonico della primitiva basilica, ad eccezione del bellissimo pavimento cosmatesco: le antiche pareti affrescate furono ridipinte con colori chiari, le navate laterali arricchite da cappelle, e l'insieme acquistò la magnificenza delle chiese settecentesche, in bilico tra barocchetto romano e gusto rococò.
Degli ambienti sottostanti, ricordati dalle fonti come “case di Giovanni e Paolo”, un’esplorazione sistematica e produttiva iniziò soltanto alla fine dell’800 ad opera di Padre





Scena di martirio nella "confessio" (part.), IV sec. d.C.



Costituita da un ambiente termale al piano terra e da diverse camere ai piani superiori, affrescate con motivi geometrici, figure di genii e scene di giardini popolati da fiori ed animali, la casa possedeva un ninfeo, derivato dal cortile primitivo, originariamente all'aperto ed abbellito da fontane e dipinti.
Ma non meno interessante risulta la parte risalente al IV secolo, al tempo di Giuliano l'Apostata, quando la casa divenne un luogo di culto cristiano, a causa del martirio dei proprietari della domus,




L' Orante della "confessio"




Dalla parte opposta passava l’altra importante strada del Claudianum, così chiamata per un monumento dedicato all’imperatore Claudio, una via che giungeva fino all’Anfiteatro Flavio, ricca di possenti archi che furono utilizzati all’inizio del XII secolo come basamento per la Torre campanaria e per il convento.
Dal leggendario "mons querquetulanus", di querce secolari, all'etrusca denominazione di Celio, questo colle, alle cui pendici si distendeva "il bosco sacro", è l'unico luogo che custodisca entro le mura della Città una cripta di martiri.


                           
Particolare della decorazione  a fresco                                       Sala dei Genii, con amorini, uccelli e festoni (III d. C.)




Si ringrazia l'Archivio del Fondo Edifici di Culto per le immagini realizzate da Sandro Pisello.



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