Al Museo Civico Archeologico di Bologna si puo visitare ancora per un mese la mostra “I pittori di Pompei”, curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, resa possibile grazie a un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra Comune di Bologna | Museo Civico Archeologico e Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dal quale provengono ben 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione del Museo partenopeo, considerato a buon diritto la più grande Pinacoteca dell'antichità al mondo.
Il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell'area vesuviana, ma di cui sappiamo pochissimo o neppure i nomi, ma che possiamo dire fossero artisti talentuosi sia nelle tecniche, sia nella scelta dei colori.
Un corpus di straordinari esempi di pittura romana proviene a Bologna proprio dalle domus vesuviane, dalle quali spesso assumono anche il nome, come la domus del Poeta Tragico e dell'Amore punito, e dalle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale, e dei Papiri a Ercolano. La mostra propone anche la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come quelli della Casa di Giasone e della domus di Meleagro, ricca di grandi affreschi con rilievi a stucco, di cui mostriamo qui di seguito “Figura femminile”, un affresco nella casa di Meleagro del cosiddetto Quarto stile (seconda metà del I sec. d.C.), secondo la divisione in stili parietali che ci ha lasciato Vitruvio nel “De architectura”. Dall’età repubblicana alla prima età imperiale la pittura romana segue alcune regole e canoni precostituiti, che si trasformano nel tempo privilegiando complessità scenografiche o tematiche; tuttavia ciò non impedisce di osservare affreschi di sorprendente originalità per delicatezza del segno, per vivacità delle tinte e per immediatezza espressiva. Colpiscono alcune immagini tracciate con tocchi rapidi a macchie di colore, dette compendiarie, accentuate da luci e ombre, che sembrano quasi precorrere la pittura impressionista! Le scene conviviali, i miti greci e latini, le architetture reali e fantastiche, i giardini e le nature morte sono realizzati sempre con vivace naturalismo e anche la raffigurazione dello spazio, in relazione agli ambienti affrescati, assume un valore significativo, con effetti tridimensionali che anticipano ricerche e soluzioni prospettiche e illusionistiche di molti secoli a venire! Risultano sorprendenti dipinti come "Le giocatrici di astragali" o "Le tre Grazie" che sembrano opere quattrocentesche per il raffinato linearismo e per la bellezza delle forme!
Qui di seguito riporto alcuni brani del testo della mostra, curata da Mario Grimaldi, relativi alle caratteristiche tecniche e pittoriche degli affreschi pompeiani, spiegazioni che si riferiscono alle diverse sale espositive. |
Figura femminile,
Pompei, VI, 9, 2-13, Casa di Meleagro, tablinium (8), parete est, registro superiore
Stucco - affresco, 178 x 188 cm
MANN, inv. 9595
I secolo d.C. - IV stile
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"1 - I PITTORI di Pompei
“E per prima cosa parleremo di ciò che resta ancora da dire sulla pittura, arte un tempo famosa, quando era ricercata da re e da popoli, e che rendeva famosi gli altri, quelli che essa si degnava tramandare ai posteri; e che ora invece è stata completamente scacciata e sostituita dal marmo, anzi addirittura dall’oro; e non solo in guisa che tutte le pareti ne vengano coperte ma anche usando marmo segmentato e traforato, e riquadri a mosaico di vario colore in figura di cose e di animali.”
(Plinio il Vecchio, Storia Naturale, XXXV, 2)
Con queste parole Plinio il Vecchio introduceva il suo libro circa la storia della pittura, così come l’aveva conosciuta e intesa attraverso le fonti e la sua memoria piuì recente. La condizione dell’artista pittore era notevolmente diversa per i Greci e i Romani: i primi infatti ne riconoscevano l’importanza sociale e il valore catartico d’insegnamento per le masse, tanto da istituire gare tra pittori per incoronare il piuì bravo; i secondi vantavano anch’essi tradizioni pittoriche antiche che poi erano state rifiutate, perché relative a un modus vivendi non più corrispondente allo stile di vita austero proprio del cittadino romano, legato quasi esclusivamente all’esercizio della politica e della conquista. I pittori romani sono così pressoché anonimi perché le loro realizzazioni non vengono recepite come opere d’arte, ma come parte della decorazione della casa. All’interno di contesti chiusi é tuttavia possibile identificare la “mano” di un pittore, senza però con questo voler assimilare il livello e il valore sociale dell’artista-artigiano e dei suoi collaboratori a quello dei maestri e delle loro botteghe che, dall’età medievale in poi, cominceranno ad avere sempre maggiore importanza e ruolo civile e sociale. La mostra vuole proporre un’esperienza immersiva vista da un punto d’osservazione diverso, quello del pictor, per poterne comprendere il ruolo sociale, la forza economica, le tecniche, gli strumenti, i colori, i modelli, nonché la “fortuna” che le sue opere avranno all’indomani della loro scoperta.
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Filosofo con Macedonia e Persia.
Boscoreale, Villa di Fannio Sinistore, oecus (H), parete ovest.
Affresco, 240 x 345 cm
MANN, Inv. s.n. inv. 906
1 secolo a.C. - II stile
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2 - TECNICA, STRUMENTI e COLORI
Il lavoro del pittore partiva necessariamente da una prima fase di preparazione delle superfici murarie da decorare, attraverso l’utilizzo di diversi strumenti (squadre, livelle, compassi, fili a piombo). Il processo esecutivo del dipinto era, infatti, lo stesso per qualsiasi supporto: sia per i grandi mosaici policromi che per le pareti dipinte o rivestite da marmi si utilizzavano griglia e schizzi. Gli strumenti dei pittori erano alla base di ogni realizzazione di buon livello e le loro differenze, così come la loro portabilità, erano in relazione al lavoro specifico degli artigiani, che spesso si trasferivano da casa a casa o di stanza in stanza, recando con sé tutto ciò di cui avevano bisogno. Questo spiega anche le dimensioni di alcuni pesi in piombo o compassi. I colori erano generalmente ricavati da minerali o vegetali: ad esempio giallo e rosso - che fungevano da base anche per il marrone e alcuni verdi - erano ottenuti decantando e calcinando terre contenenti ossido di ferro, mentre il rosa era ottenuto da elementi vegetali. L’analisi economica del loro costo offre notevoli e interessanti scenari sul ruolo socio-economico dei pittori come artigiani che realizzavano opere decorative nelle abitazioni per conto dei committenti. Infatti, attraverso un’analisi del rapporto tra spazio e decorazione in relazione al costo
dei colori, é possibile rileggere il ruolo che questi artisti-artigiani hanno svolto nella società romana del I secolo d.C. Tali elementi sono senz’altro un nuovo punto di vista da prendere necessariamente in considerazione per la ricostruzione scientifica di un modello socio-economico legato alla diffusa pratica della decorazione degli ambienti pubblici e privati in età romana. |
Donna che dipinge un erma di Priapo.
Pompei, VI, 1, 10, Casa del Chirurgo, sala 19, sezione centrale, dipinto.
Affresco, 45 x 45 cm
MANN, inv. 9018
I secolo d.C. - IV stile
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Pan e le Ninfe
Pompei, IX, 5, 18-21, Casa di Giasone, cubicolum (g), p.arete sud, tratto centrale, quadro.
Affresco, 120 x 93 cm
MANN, Inv. 111473
I secolo d.C. - III stile
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3 - MODELLI e SOGGETTI
La rappresentazione di scene tratte dal mito all’interno dei quadri centrali delle decorazioni parietali traeva origine e ispirazione dal vasto repertorio mitologico e teatrale greco, che aveva generato nel tempo anche modelli iconografici ben consolidati, grazie anche alla presenza di capolavori originali a Roma. Esistevano poi schemi decorativi precostituiti cui il pictor poteva attingere. Fondamentale per la scelta dei soggetti era senza dubbio il rapporto con lo spazio da decorare, sia in relazione alle dimensioni degli ambienti, alla presenza o assenza di luce e di aperture su altri vani o giardini, sia in relazione alla funzione dello spazio stesso. All’interno di questo quadro generale possiamo tuttavia cogliere i tratti della personalità artistica del pictor. Nell’ambito di un medesimo contesto ambientale e cronologico, si individuano infatti varianti nella realizzazione di uno stesso soggetto, che denotano precise scelte personali. Anche l’inserimento e la resa degli oggetti della vita quotidiana (tavolini, vasi potori, candelabri, situle, mobilio) in scene dove gli attori sono divinità e non uomini comuni, è un ambito in cui si esprime l’opera decorativa del singolo pictor. Le pareti dipinte con le loro decorazioni offrono così la possibilità di identificare la “mano dominante”- ovvero la “firma” del pittore e di entrare in contatto con le diverse personalità artistiche che le hanno create. Questo è evidente, ad esempio, nelle differenti rese degli stessi miti o soggetti esposte in questa sezione della mostra (es. miti di Achille a Sciro - nn. 23-24, di Admeto e Alcesti nn. 25-27 e di Selene ed Endimione - nn. 43-46). |
Giocatrici di astragali,
Ercolano.
Affresco, 49 x 42 cm
1
MANN, inv. 9562
I secolo a.C. - I secolo d.C.
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Le Tre Grazie,
Pompei, VI, 17, 31 o 36 Insula Occidentalis, Masseria di Cuomo - Irace.
Affresco, 57 x 53 cm
MANN, inv. 9231
I secolo d.C. - IV stile |
4 - IL MITO
In età augustea si introduce l’uso del quadro centrale con soggetto mitologico, anche se calato in un paesaggio idillico sacrale. I temi e i racconti tratti dal mito greco e romano diventano il centro focale della decorazione parietale, attirando l’attenzione dello spettatore in un rapporto stringente tra il racconto del mito e la funzione dello spazio che li ospita. Così le storie di amori felici o infelici, le vittorie e le sconfitte di divinità ed eroi vengono narrati all’interno di spazi reali e quotidiani. La riproduzione seriale di molte di queste opere si intuisce dall’analisi tecnica, come evidenziano in mostra gli affreschi con identici soggetti reinterpretati da pittori differenti. È il caso delle Tre Grazie (nn. 41, 42), di cui certamente esisteva un modello originale realizzato da un’artista di età ellenistica, non sappiamo se scultore o pittore. Accanto ai modelli di ambito ellenistico, esistevano anche nuove iconografie, peculiari del linguaggio, della storia e della societaì romana, come, ad esempio, quella della vicenda di Pero e Micone, la figlia che allatta il padre incarcerato e condannato alla morte per fame. Il racconto per immagini di questa storia, un esempio di comportamento dal forte e naturale impatto evocativo, diventa la codificazione del sentimento di pietas tanto da essere recuperato e valorizzato non solo a Roma, con la costruzione del Tempio della Pietas, ma anche in città come Pompei, dove si ritrovano diversi esempi dei quali uno ancora in situ (Casa di Marco Lucrezio Frontone a Pompei, V, 4, a, oecus 6, parete sud). Quest’ultimo è completato dal motto inneggiante la pietas e dai
nomi dei personaggi rappresentati: «Quegli alimenti che la madre offriva ai piccoli nati il destino ingiusto mutò in cibo per il padre. Il gesto è degno di eternità. Guarda: sullo scarno collo le vene senili già pulsano del latte che scorre mentre la stessa Pero, accostato il volto, accarezza Micone. C’è un triste pudore misto a pietà». |
Didone,
Pompei, VI, 9, 2 Casa di Meleagro, atrio 2, parete nord, sezione centrale, dipinto
MANN, inv. 8898
Affresco, 108 x 128 cm
I secolo d.C. - IV stile
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6 - ARCHITETTURA e PAESAGGIO
Uno degli aspetti che più caratterizzano e rendono innovativo il sistema romano di decorazione delle abitazioni è la raffigurazione di una vasta gamma di strutture architettoniche che circondavano persone e oggetti. Queste strutture passano dal verismo realistico del II stile, attraverso l'eleganza stilistica del III, sino alla prorompente fastosità materica del IV stile. Attraverso l'utilizzo di finte facciate architettoniche o di semplici pannelli, i pittori animavano le loro decorazioni, con lo scopo di avvicinarsi il più possibile alla realtà e di raffigurare scene di vita raggiungendo il massimo realismo. Il rapporto fra mimesi teatrale e realtà domestica che si viene così a creare evidente, ad esempio, nell'affresco con uno scorcio architettonico posto su un podio, forse un palcoscenico, al quale si accede tramite una scala, sulla quale incede la figura di un uomo barbuto, con una veste gialla che lascia in parte il petto scoperto. La corona sul capo e il rotulo di papiro nella mano sinistra fanno ipotizzare che si tratti di un poeta vittorioso (n. 70). Nello stretto rapporto tra architettura, giardini e decorazioni delle domus rientrano molti degli esempi visibili in questa sala, appartenenti al genere dei "paesaggi idillico sacrali", che servivano spesso come "finestra" su paesaggi extra moenia (fuori dalle mura) di ambito bucolico (nn. 71-74)"( testi di Mario Grimaldi).
L'esposizione " I Pittori di Pompei" è visibile al Museo Civico Archeologico di Bologna fino al 1 maggio 2023
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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