Intervista a GHERARDO NOCE BENIGNI OLIVIERI
Abbiamo intervistato in esclusiva per la nostra rivista il noto antiquario della Capitale, Gherardo Noce Benigni Olivieri, scrittore di meravigliosi libri d’arte, che ha di recente pubblicato un romanzo, dal titolo “ La villa di Casafoscola” (De Luca Editori d’Arte).
Lilly Pagano Dritto: È da tempo che Lei si dedica alla scrittura, da quando, essendo esperto del Presepe Napoletano del ‘700, ha pubblicato due splendidi volumi d’arte che hanno riscosso un grande successo. Ora ha intrapreso una nuova strada poichè, dopo il “Monologo di un antiquario”, il 13 maggio scorso ha presentato l’ultimo lavoro, “La villa di Casafoscola” che prende spunto da vicende che riguardano la storia della sua famiglia.
Come è nata l’idea di questo romanzo?
Gherardo Noce Benigni Olivieri: Nel 2006, ho iniziato a scrivere sul Presepe Napoletano del ‘700, mia grande passione e il successo conseguito, superiore alle aspettative, mi ha indotto a predisporre un terzo libro sull’argomento che verrà pubblicato alla fine del 2010. Presto, però, ho avvertito il bisogno di uscire dai confini del libro d’arte che, se pure affascinante, mi è sembrato per sua natura naturalmente limitato, incanalato entro schemi documentari ben definiti, che lasciano poco spazio alla fantasia. Per dare libero sfogo alla mia creatività mi sono spinto in un campo per me del tutto sconosciuto, quello del racconto. È stato così che è nato il “Monologo di un antiquario”, in cui il protagonista dialoga con gli oggetti antichi ascoltandone le storie, cogliendone le ansie e i desideri, come se si trattasse di esseri umani. L’idea di scrivere La villa di Casafoscola è nata, invece, dal desiderio di far rivivere tutti coloro che, nel corso del tempo hanno abitato la villa appartenuta per tre secoli alla mia famiglia materna. In particolare mi hanno spinto il desiderio di indagare su alcuni aspetti misteriosi che riguardano la drammatica morte di mio nonno materno, che aveva amato fortemente la villa e la rigogliosa natura che la circonda, e l’interesse per l’intensa e tormentata storia d’amore da lui vissuta proprio in quei luoghi. I riferimenti storici sull’origine della villa e sulla mia famiglia sono stati lo spunto per narrare una storia che sembra ricalcare, in qualche modo, quella vissuta tanti anni fa da mio nonno.
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Vetrina della "bottega" dell'antiquario Gherardo Noce Benigni Olivieri(Roma)
L'autore del romanzo "La villa di Casafoscola"
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D. In che misura questo suo nuovo romanzo si ricollega al precedente “Monologo”?
R. Sicuramente esiste un collegamento con “Monologo”, perché il protagonista è sempre l’antiquario che vive l’epoca attuale di grandi cambiamenti con un senso di incertezza e di apprensione per il timore che tutto il suo mondo possa naufragare da un momento all’altro, travolto da un cambiamento epocale che sembra relegare e circoscrivere l’antiquariato ad una schiera di pochissimi “eletti”. L’amore per le cose antiche è per me così forte che fa sì che esse quasi diventino persone, acquisiscano addirittura una sorta di anima per il semplice fatto di essere appartenute e di appartenere ad esseri umani.
Ritengo che in entrambe le opere si avverta questo rapporto affettivo tra l’uomo e l’oggetto antico, in grado di farci dimenticare che quest’ultimo è materia inerte.
D. Nel nucleo del romanzo, che è molto coinvolgente, quanto, in definitiva, è frutto di fantasia e quanto è, invece, riflesso delle esperienze personali?
R. Il romanzo si dipana attraverso tre filoni di cui, uno, storico, è relativo alle origini della villa, alla famiglia che l’ha posseduta, e ai suoi rapporti di parentela con Papa della Genga, Leone XII. L’altro, che potremmo definire d’attualità, è inerente al lavoro dell’antiquario che è un’attività a tempo pieno che non possiamo scrollarci di dosso nemmeno per un attimo. È una vera e propria passione che non possiamo né nascondere né reprimere e che penso emerga con forza da tutti i miei scritti. Infine vi è il filone romanzesco, che non è solo frutto di fantasia ma si ricollega inevitabilmente alle esperienze mie personali. La donna protagonista del romanzo è, forse, la mia donna ideale o l'insieme di più donne conosciute nell'arco della mia vita. Chissà? A mio parere non si può prescindere, quando si scrive, dalla componente autobiografica che, anche attraverso l'immaginazione, risente delle nostre esperienze e del nostro modo di essere.
D. Il filo conduttore del romanzo sembrerebbe consistere in un desiderio di riappropriazione del suo passato, delle esperienze sue e della sua famiglia attraverso il recupero degli arredi di Casafoscola… R.Gli arredi di Casafoscola sono indubbiamente importanti proprio per il particolare valore che rivestono per il protagonista, l'antiquario che, attraverso i mobili antichi, ricerca e crea un contatto con le persone che li hanno posseduti. Nel caso specifico hanno anche un valore emblematico, perché mi consentono di riappropriarmi del passato e di riportare in vita persone ormai dimenticate. Ed il pensiero va a tutti coloro che hanno lasciato questa terra con il desiderio quasi di riportarli in vita: genitori, zii, nonni, avi…La scrivania appartenuta a mio nonno ne è la dimostrazione più lampante: essa ha vissuto, come un essere umano, la gioa, il dolore, le vicende di tutte le persone che l'hanno posseduta tanto da essere considerata un vero e proprio tesoro.
D. Non si può certo dire che la sua passione per l'antiquariato non trapeli in modo evidente da tutti i suoi scritti. E tuttavia c'è di più e forse è questo l'aspetto che maggiormente affascina: Lei, infatti, riesce a stabilire con gli oggetti che appartengono al passato un rapporto così intenso che va molto al di là del mero interesse artistico. Può spiegare il motivo di questa speciale sensibilità?
R. Non c'è dubbio che il mio rapporto con le cose antiche vada ben oltre l'interesse meramente artistico. È qualcosa di profondo, quasi viscerale, un sentimento genuino di solidarietà, di umanità nei confronti non solo dei miei familiari, ma di tutti coloro che hanno vissuto e che sono degni del ricordo in quanto esseri umani. Ecco il motivo per cui le cose antiche diventano così importanti, perché esse sono la testimonianza del vissuto di tante e tante persone. Ecco perché acquistano anche loro un'anima e sembrano diventare nei miei libri persone in carne ed ossa.
D. Lo stile elegante e chiaro rende molto piacevole la lettura e denota una evidente propensione alla scrittura. L'ha scoperta per caso o sapeva di possederla e solo ora ha deciso di esprimerla concretamente?
R. Ho scoperto questa mia attitudine alla scrittura assolutamente per caso, cimentandomi prima, come ho detto, con il libro d'arte per indirizzarmi poi al racconto, al romanzo breve che, probabilmente, più si addice alla mia natura un po' riservata e poco prolissa, ma densa di emozioni. Incoraggiato dai commenti degli amici ma anche di tanti lettori sconosciuti sento oggi, in qualità di antiquario-scrittore, di poter dare un piccolo contributo, spero originale, alla narrativa.
D. Intende proseguire con questo genere letterario o ha in mente altri progetti?
R. Sento di avere, al momento, una forte creatività che mi spinge a continuare a scrivere con l'intento di migliorare, libro dopo libro, per giungere, se possibile, ad una mia completa dimensione di scrittore, capace di coinvolgere il lettore non con storie eclatanti, ma con semplici racconti che hanno però la forza del vissuto, del sentimento genuino, dell'autoironia e del rispetto per la vita di ogni essere umano. Un percorso che, per ora, intravedo solamente ma che spero mi possa portare, attraverso la scrittura, ad una maggiore conoscenza e comprensione degli altri. Sono convinto che colui che scrive abbia il privilegio di interrogarsi maggiormente per dare delle risposte ai propri comportamenti e che in realtà, quasi inconsapevolmente, si sottoponga ad una sorta di autoanalisi, ad un'indagine introspettiva capace di arricchire non solo se stesso, ma anche i suoi lettori. |
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