Gioielli in argento e pietre ideati dallo scultore
Vito Berardi. (Orefici Verna)
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Nel mese di agosto scorso un’interessante mostra di gioielli,
svoltasi a Calascio, in provincia de L’Aquila, ci riporta
nel mondo antichissimo e sempre nuovo dell’oreficeria d’autore,
grazie all’iniziativa dei fratelli Verna, Giampiero e Fabio.
Questi ultimi, avvalendosi dell’apporto di scultori e cesellatori
esterni, hanno sponsorizzato un’esposizione in cui l’arte
orafa ha trovato espressione massima nell’ideazione di gioielli
creati da quattro artisti: Vito Berardi, Saul Costa, Patrizia
Gabriele e Albino Moro. Così ha presentato l’attività
dei fratelli Verna l'artista Pietro Cimino:
“Farfalle, gioielli, fiori di campo? La realtà si
confonde, reo lo scintillio, l’occhio è preda, non
più in grado di distinguere, e del resto non ne ha nessuna
voglia. Butterfly, jewel? Quei piccoli, sottili, leggeri miracoli
che hanno il potere di catturare mente e vista fino a guidarle
nell’onirico.
Farfalle dicevamo, ovvero gorgonie sottomarine, fogliame filiforme,
ragnatela pazientemente costruita. Quasi che natura e manifattura
si confondano. Dentelle di Bruges, mantillia di Siviglia. I gioielli
dei fratelli Verna. Dove l’oggetto si fa esca, proponendosi
preda desiderata, ambita.
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A ben leggerne lo
styling, la grafica di base è sommatoria di esperienze epocali
differenti. Ecco quindi la scarna simmetria medioevale, il gotico
fiorito, l’aristocratica maestà del classico che strizza
l’occhio mal Cellini. Lo svolgersi del design si articola
tra i preziosi ramages del barocco per arrivare alla sintesi moderna,
colta quanto elegante, non priva di citazioni del sapore di Kandijski
o Mondrian.
Che a vederli così paiono generati dalla natura, per una
delle sue innumerevoli e raffinate creazioni. E non si tiene in
conto dell’ operosità tecnica fatta di esperienza pluriennale,
competente uso degli arnesi e rispetto delle proprietà della
materia.
Interessante è il percorso dall’idea al finito, dove
la prima è risultante di studi ed esperienze, analisi e test.
Ovvero, l’idea é figlia di un’immage, una intuizione,
magari un incontro con una nuvola o una foglia o un lampo di luce,
qualcosa che il caso ti mette davanti. Ma non è l’oggetto
a concepire l’idea: essa è già nell’artista,
giace in nuce. L’oggetto non è che il catalizzatore,
la scintilla che scatena la creatività e la mette in azione.
A seguire c’è tutta l’opera dell’artigiano,
disegno, modello, cera, materia, forno, incastonatura, limatura,
la manualità dell’artigiano.
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Un pendentif, creazione di V. Berardi
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Ma dire artigiano è
termine improprio. Il percorso generativo non può essere
immune da varianti, non è una mano anonima quella che costruisce,
ma una mano guidata da mente d’artista, che valuta criticamente,
accosta, sostituisce, ottimizza, inserisce. E l’opera gradualmente
prende forma, fino a stabilizzarsi in opera unica, irripetibile.
Ché a replicarla, fatalmente un’altra opera scaturirà
dalla fucina di Giampiero e Fabio Verna. Dicevamo del metallo prezioso. A questo
si accompagna la capacità di comporre il manufatto con l’incastonatura
delle pietre. Già, le pietre. In primis la scelta, quella
giusta tra mille, che si origina dalla conoscenza. Colore, preziosità,
proprietà tecniche per durezza, riflesso. Elementi necessari
ma non sufficienti. A renderle efficaci è la lavorazione,
la messa in forma, la scelta del proprio aspetto più peculiare
nel contesto del gioiello finito.”
Relativamente alla mostra estiva di Calascio continua Pietro Cimino:
“È cosa impropria reputare l’aspetto commerciale
quale unica finalità. I Verna avrebbero in tal caso un percorso
meno insicuro e aleatorio di quello che li impegna ad allestir mostre,
recuperare location e avventurarsi in valorizzazioni di paesi come
Calascio, borgo medioevale montano in provincia dell'Aquila, come
anche la scelta non accentratrice di affidarsi all’opera di
scultori e cesellatori esterni, segno di modestia e voglia di confronto
quando potrebbero limitarsi a custodire una fama acquisita negli
anni.
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V. Berardi: forme scultoree per un gioiello unico
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V. Berardi: anello geometrico e statuina in argento.
Esemplari unici
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Dalle linee intersecanti di Patrizia Gabriele all'apporto
cosmopolita e al fascino della mitologia arcaica di Saul Costa,
dai monili fortemente geometrizzati con libere uscite naturalistiche
di Albino Moro alla solida scultura materica di Vito Berardi,
marcatamente attuale, legata al proprio linguaggio. Ma l'arte ha
le sue esigenze, l'artista č alieno da considerazioni prettamente
commerciali. Sperimentare, innovare, confrontarsi, mettersi in gioco.
Estendere e superare la tradizionale fattura del gioiello sino a
tradurlo in opera artistica, slegata da fogge prevedibili e da gusti
correnti. Ed č nella ricerca, madre del progredire, la garanzia
di unicitā dei loro prodotti. Pietre sconosciute o inusitate, tracciamenti
grafici innovativi, parure mai proposte che diverranno voga, invidiabili
monili nati per affinare colli e polsi e mani. Che a sfoggiarli
dā il senso e l'orgoglio di esser promotori di Arte."
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