La mostra “WHITE” è un progetto di Barbara Duran ospitata nella Sala
Nagasawa dell’Ex Cartiera Latina di Roma dal 30/10 al 21/11
2021, che vuole ripercorrere il lavoro dell’artista dal 2016 al 2021
attraverso 180 opere circa, di cui 122 inedite: oli su
tela e su tavola, pigmenti e tecniche miste su carta di riso, acquarelli
su carta, punta d'argento su carta preparata a mano, e video. L’interop rogetto, composto da 4 cicli di opere, alla luce di una
circolarità del tempo tra passato e presente, fil rouge del percorso
espositivo, è legato a un’idea di sacralità laica, che si riferisce
fortemente nel suo divenire formale all’iconografia antica e moderna.
“Accanto alla memoria, forte è anche il sentimento del dolore, che nasce
da una riflessione sulle violenze e sulle sopraffazioni proprie dei
regimi autoritari, in cui viene cancellata ogni forma di dignità umana.
In questo contesto la figura femminile si riconfigura nel suo ruolo
salvifico, quale artefice delle salvezza collettiva, colei che accoglie
e genera, che difende e protegge se stessa e l’altro.” (Barbara. Duran).
Come scrive la stessa Duran “WHITE è un lavoro di sottrazione
nelle sovrapposizioni sensoriali e strutturali che annebbiano l’immagine
oggi, Vuol essere la porta che attraverso il rumore bianco, possa aprirela percezione all’empatia. Icone contemporanee del mondo introducono a
comprendere che la gioia e il dolore che si scontrano nell’esistenza
dell’umanità possano ricondursi in essenza a un’assenza della
percezione dell’altro, che è altro da noi solo se volutamente ignoriamo
che il nostro essere è, solo nella relazione a un altro da sé, nel
presente del tempo, nella comprensione della differenza.”
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Barbara Duran, Portrait (Conchita), olio su legno, cm 20x14, © Duran 2016
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Il progetto si avvale di tre cicli di opere,
già presentati: “White” a Parigi nel 2016, “Appearing through
invisible” a Torino Esposizioni sempre nel 2016, “Servae. Icone liquide”
al Castello di Santa Severa nel 2018. Le opere inedite che compongono il quarto ciclo “IS Land”
sono presentate in questa occasione per la prima volta.
Scrive Silvia Savoca: “L'Ex Cartiera Latina ospita la mostra
White; è un luogo che porta con sé una colonna sonora fatta di
cinguettii degli uccellini e il suono dello scorrere dell'acqua del
fiume Almone da cui è accarezzata tutta la struttura per la sua
lunghezza. La sala Nagasawa, corpo centrale dell'ex cartiera e cuore
pulsante per la funzione primaria di ospitare tutte le macchine di
produzione, è il luogo deputato della nostra esposizione. L'imponenza
dello spazio a disposizione è stato il punto di partenza e di
ispirazione per il nostro allestimento: i tetti alti, provvisti di
travi, e la profondità della sala sono sembrati a noi di Studio Urbana i
fattori ideali per realizzare una nave su cui salire tutti insieme e
abbandonarci fino al termine del viaggio” proprio perché “WHITE è un
abbraccio di persone, fra persone. Un abbraccio di luoghi, fra luoghi”.
Nel ciclo “White” le grandi tele sono risultato di una strettissima
relazione di spazio/tempo tra l’immagine classica, rinascimentale,
barocca e quella contemporanea in un ‘eclat’, un’esplosione che produce
luce, così forte da fare di ogni colore bianco. Un rumore bianco, rumore
sordo che esprime il dolore totale, lì dove non c’è più spazio tra
visibile e invisibile. Ecco comparire la figura femminile
nell’interpretazione di Barbara Duran: la grande madre/matrigna,
Eva/Lilith, e poi la Deposizione: l’immagine cristologica che raccoglie
troppe e drammatiche deposizioni contemporanee, così Artemide/Artemisia
nell’incontro tra coloro che in differenti momenti del tempo storico,
hanno subito una violenza e difendono la propria dignità con forza, lo
spirito indomito attribuito alle donne che hanno in sé l’archetipo di
Artemide.
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Barbara Duran, Icone mondo #5, (dettaglio opera unic,a installazione totale 90 opere), olio su legno, cm 33x40, © Duran 2016
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Non c’è trascendenza negli sguardi delle Madonne di Piero
della Francesca, ma innocenza e malizia, e il Cristo deposto si rivolge
ai nostri occhi ogni giorno.
Il video White, ispirato ai bellissimi fotogrammi di Emma Goldman,
anarchica russa che amava esclamare “se non posso ballare allora non è
la mia rivoluzione!”, si collega fortemente al cortometraggio ‘La Danza’
realizzato in occasione del progetto “Dimora del Tempo” nel 2009, in
cui l’impianto compositivo e iconografico dell’immagine in movimento
volgeva a sottendere uno spazio frammentato, una linea spezzata,
tagliata ed evanescente nel lacerarsi in un binomio del mito femminile:
l’una abbandonata, l’altra trasformata. Entrambe figure salvifiche, come
la figura danzante in “La Danza” (2009) di una bambina che protegge e
attraverso un moto infantile restituisce dignità e forza, in “White” (2016) una donna adulta danza e appare, come epifania, anch’essa salvifica
(e dolente) che aspetta, difende, ricorda e protegge come le divinità
arcaiche, una figura archetipica, un’Artemide dei nostri giorni che
balla davanti a un Mediterraneo bellissimo e ostile, antico e
contemporaneo.
Nel secondo ciclo “Appearing through invisible”, la figura diafana,
bianca, ectoplasmatica di una donna che danza “riporta a un nuovo modo
di percepire la realtà”, ove l’immagine in movimento volge a lacerarsi
in una duplicità del mito femminile, salvifico e leggero, senza peso,
parte dell’aria che attraversa per esorcizzare le contraddizioni che
segnano la terra, lasciandone tracce. Danza e appare, scompare,
tracciando segni, come epifania: un archetipo Artemide che “mette in
discussione l’ordine conosciuto”.
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Barbara Duran, Servae Icone Liquide #3, (dettaglio opera unica installazione di 16 opere), pigmenti e tecnica mista su carta di riso, cm 200x100, © Duran 2018 |
Le figure del terzo ciclo "Servae. Icone liquide", come sottolinea
Ignazio Venafro, sono "apparizioni liquefatte, dedalee tremule viventi e
mosse […], una reminiscenza organica che diventa evento come persona, un
teatro dell'anima come fosse aurora, come forse un'aria che attraversa
l'essere nel suo esserci circolare, nella sua epifania molteplice di
Artemide Leucotea Afrodite Ilizia Eos Astarte Persefone Core Demetra, e
Antigone, colei che mette in discussione l'ordine conosciuto e grida,
grida, grida: 'non sono qui per unirmi nell'odio ma nell'amore…'"
In un'ottica anche di impegno civile, sono le parole stesse di Barbara
Duran ad illustrare il senso del quarto ciclo "IS Land" con
centoventidue opere inedite: "In un contemporaneo che affligge la
dignità dell'essere, che sporca e inonda ogni possibile serenità
dell'animo, che taglia i circuiti dell'umano co-esistere, che non
rispetta e non onora la natura delle cose, cieco, sordo ma non muto. Una
volgarità insulsa e prepotente calpesta la terra senza ragione, senza
spirito e lascia all'acqua il compito di sopire e di far scomparire. […]
Eppure la natura ha vita propria, non ammette strategie e tantomeno
sottomissioni e compromessi: natura naturans. La natura per chi ancora
ha occhi per guardare, orecchie per ascoltare e un cuore per amare,
disinteressatamente, con purezza e incanto e con altrettanta
consapevolezza e coscienza, integrità, con altrettanta forza nel
ricondizionare, abbattere l'avidità e gli egoismi […] Eppure un'isola,
in lontananza – la lontananza della mente e a volte del cuore - appare.
È epifania? Epilogo? Sogno, visione? È apparizione. È tutto ed è nulla,
ma c'è. Ognuno potrà decidere che farne, scorgendola con lo sguardo
intrapsichico che ne crea il tramite: contemplarla, raggiungerla,
approdare, andare oltre, cambiare rotta, accostarvisi, la scelta di
un'azione determina una conseguenza e l'isola è un Telos."
Perché, come recitano i versi di una poesia dell'artista, l'isola è
natura rigogliosa, appartenenza, mito, chimera, apparizione,
rarefazione, "l'isola scompare… e riappare… e scompare… l'isola è
terra".
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Barbara Duran, Appearance #28, olio su tela, cm 80x80, © Duran 2020
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Benedetta D’Ettorre in catalogo scrive come approcciarsi alla serie IS
land, significa scontrarsi con la potenza del colore. “A tratti diventa
denso, corposo ma, allo sguardo successivo, acquisisce assoluta
leggerezza. Ecco che il colore assume totale ambiguità: ad una certa
ora, quel giallo potente, quel rosso sanguigno, il blu impenetrabile e
l’azzurro sottile si fanno acqua, cielo o forse terra. Marrone, grigio,
bianco, nero al contempo delineano e oscurano tutto.” Il confine tra
mare e cielo si fa labile, l’azzurrino avvolge acque ora calme ora
agitate e allo stesso tempo cieli evanescenti; il giallo si fa
squillante, il porpora costruisce, con pennellate potenti ma vaporose,
cupole, città incantate, forse reminiscenze di una Venezia sospesa.
Come il percorso della mostra testimonia, il progetto di Barbara Duran
WHITE parte dunque da lontano ed “è dedicato a tutti coloro che fuggono
dalle guerre, dalle ingiustizie, dalla tortura. Alle donne, alle madri,
alle sorelle, agli uomini, ai fratelli, ai figli. A tutti gli esseri
viventi che soffrono e che hanno il diritto di vivere. Dedicato alle
nostre sorelle e ai nostri Fratelli”. Ben sottolinea Renato Miracco nel suo testo come, per fare questo, Barbara Duran si trasformi in
un’Artista-Sciamano.
L’esposizione, a cura di Studio Urbana, si avvale del Patrocinio di:
Regione Lazio, Parco Regionale dell'Appia Antica, MIBAC, Soprintendenza
Archeologica Belle Arti e Paesaggio per l'area metropolitana di Roma, la
provincia di Viterbo e l'Etruria meridionale. Responsabile di progetto è Silvia Savoca. (CS) La mostra si inaugura il 30 ottobre e si concluderà il 21 novembre 2021.
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Sito web www.barbaraduran.net
Ufficio Stampa: Paola Saba, paolasaba@paolasaba.it
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