
La querelle relativa alla sponsorizzazione dell’Anfiteatro
Flavio (il nostro amato Colosseo …) ha avuto un importante
risvolto davanti al Giudice Amministrativo conclusosi con un’interessante
sentenza i cui confini possono essere approfonditi sotto vari punti
di vista (ci si riferisce alla Sentenza n. 6028 del 2012 Tar Lazio).
Quello che in questa sede ci interessa analizzare è l’aspetto
relativo alla capacità di tutela del patrimonio artistico
e culturale da parte delle associazioni dei consumatori nazionali.
Infatti il ricorso, che ha dato adito alla pronuncia del Tar Lazio
richiamata, era stato presentato da una delle maggiori associazioni
di consumatori nazionale, la quale lamentava varie violazioni di
legge delle P.a. coinvolte oltre che un cattivo uso della discrezionalità
amministrativa in merito alla nota vicenda; senza entrare nel merito
della stessa ci limitiamo ad analizzare cosa ha detto il Giudice
Amministrativo relativamente alla legittimazione della predetta
associazione a rappresentare quel tipo di interesse.
Partiamo dalla fine, il Tar Lazio ha dichiarato l’inammissibilità
del ricorso con la sentenza in commento.
È stata rilevata, infatti, la carenza di legittimazione attiva
ravvisabile in capo all’associazione dei consumatori al fine
della sollecitazione della tutela giurisdizionale a fronte della
vicenda in oggetto.
Il Giudice Amministrativo ha affermato: “(…)non si può
prescindere dall'accertamento di una lesione, reale o potenziale,
degli interessi di cui sono titolari le predette categorie in quanto
tali, e per la cui tutela, quindi, possono agire in giudizio le
associazioni che raggruppano utenti e consumatori. (…)”.
Precisando: “(…) In altri termini, la legittimazione
a ricorrere delle associazioni dei consumatori e degli utenti in
possesso di regolare iscrizione nell'apposito elenco ministeriale,
per quanto ampia, non può tuttavia estendersi sino a ricomprendere
qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta
economicamente, in modo diretto o indiretto, sui cittadini, dovendo
al contrario esser commisurata a quegli atti che siano idonei a
interferire con specificità e immediatezza sulla posizione
dei consumatori e degli utenti. La legittimazione sussiste, dunque,
ove i provvedimenti che si impugnano abbiano effettivamente leso
un "interesse collettivo dei consumatori e degli utenti",
la cui tutela viene assunta dalla relativa associazione. (…)”.
In buona sostanza il Tar ha affermato che la legittimazione a ricorrere
delle associazioni dei consumatori e degli utenti in possesso di
regolare iscrizione nell'apposito elenco ministeriale, per quanto
ampia, non può estendersi sino a ricomprendere qualsiasi
attività di tipo pubblicistico che si rifletta economicamente,
direttamente o meno, sui cittadini: dovendo, al contrario, essere
commisurata a quegli atti che siano idonei a interferire con specificità
e immediatezza sulla posizione dei consumatori.
Mentre quindi ad un sommario esame sarebbe potuto sembrare che il
Giudice Amministrativo non ravvisasse nell’associazione dei
consumatori nazionale la possibilità di assurgere a difensore
del patrimonio artistico culturale, in realtà le considerazioni
seguenti fanno emergere una altra verità.
Infatti il G.A. ribadendo quanto affermato dalla costante Giurisprudenza
Amministrativa in materia: “(…) Le associazioni di protezione
ambientale riconosciute sono, in particolare, legittimate ad agire,
a tutela di interessi diffusi, avverso qualunque provvedimento lesivo
di un bene ambientale giuridicamente rilevante (…)”,
precisa come nel caso di specie “(…) il proprium dell'interesse
fatto valere non è riconducibile ad esigenze ambientalistiche,
ma - come evidenziato dagli stessi scritti difensivi - all'affermata
illegittimità della procedura di affidamento ed al riveniente
pregiudizio per le finanze pubbliche riveniente dall'affermata esiguità
delle utilità economiche delle quali l'impresa sponsorizzatrice
si è fatta carico ai fini di cui sopra (…)”.
Nessuna diminutio alla capacità di tutela del patrimonio
artistico culturale da parte delle associazioni dei consumatori
ha portato questa importante Giurisprudenza, infatti come evidenziato,
il diniego e la conseguente inammissibilità dell’azione
della ricorrente scaturiscono da altre considerazioni, a loro volte
conseguenti all’impostazione con cui era stata formulata l’azione
censoria della stessa.