Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno VI - n.24 - Aprile-giugno 2010
L'ARTE NEL MIRINO 


Roma: MIMMO JODICE, 50 ANNI DI ATTIVITA’
di Francesca Pardini




Gabriele Basilico, Mimmo Jodice, Gianni Berengo Gardin, Franco Fontana e Ferdinando Scianna: cinque nomi che basterebbero a coprire buona parte della fotografia italiana degli ultimi cinquant'anni ed oltre; fotografi che con diverse sensibilità hanno espresso il carattere geografico e culturale delle regioni in cui vivono. Le loro storie sono state raccontate in cinque film realizzati dalla Giart Visioni d'arte, in collaborazione con la Contrasto e la Cineteca di Bologna, riscuotendo un enorme successo tanto da essere riproposte oggi in libreria e on-line. Il film su Mimmo Jodice è divenuto parte integrante della mostra a lui dedicata al Palazzo Esposizioni di Roma, a cura di Ida Gianelli e Daniela Lancioni, dal 9 aprile all'11 luglio 2010.
Napoletano d'origine, Mimmo Jodice (Napoli, 1934) ha fatto del mezzo fotografico un uso espressivo, in senso di avanguardia e di continua ricerca linguistica. Ha viaggiato ed esplorato numerose città e continenti senza mai abbandonare il luogo natio, dove tuttora vive, nel popolare rione Sanità. La sua storia viene ripercorsa fedelmente al Palazzo delle Esposizioni attraverso un corpus di 180 fotografie suddivise in otto grandi raccolte, corrispondenti ai principali temi da lui toccati, dal 1964 al 2009”.
Sul finire degli anni '60 comincia la sua ricerca verificando le possibilità sperimentali del linguaggio fotografico ed intervenendo sulle caratteristiche metalinguistiche del mezzo, sui rapporti tra testo, forma e realizzazione grafica dell'immagine. A partire dagli anni '70 lo sguardo di Jodice si cala maggiormente nella realtà e si fa espressione del suo impegno civile con le serie di indagine sociale quali l'epidemia di colera a Napoli, i rituali religiosi in Campania e quella sulle condizioni di vita degli operai delle acciaierie di Terni. Già a partire da questi cicli si distingue la capacità tecnica del fotografo che sfrutta non tanto per dare all'immagine una precisione e definizione visiva, ma per conferirle una tensione viva, fatta di contrasti di luci e di vibranti sfumature chiaroscurali.
Del '78 è la svolta radicale di un fare fotografia che si allontana progressivamente dall'intenzione di documentare la scena reale, per cogliere quell'alone di mistero che rende ogni paesaggio, ogni veduta ed ogni oggetto portatore di un alto valore simbolico. Questo viaggio non poteva che partire da Napoli, le cui vedute, eliminate le figure umane, si impongono allo sguardo divenendo efficaci “icone” in bianco e nero. Di fronte agli spazi architettonici ed urbanistici Jodice va al di là della struttura geometrica e della composizione astratta che emerge dalle forme, ma punta a riconoscere quel particolare enigmatico che destruttura e capovolge la più classica visione, per lasciar emergere il lato surreale presente anche nei dettagli più nascosti. Attento indagatore delle realtà sociali che contraddistinguono Napoli, nel suo degrado e nelle sue suggestive bellezze, Jodice ha riesumato la storia dall'archeologia e l'ha fatta rivivere nel presente come un teatro a cielo aperto animato di luci e di ombre .
Nella serie “Ercolano” le statue prendono vita, mentre nel ciclo “Mediterraneo”, della metà degli anni '80, i luoghi del passaggio della cultura greco-romana divengono fonte illimitata di spunti visionari . E' un vero e proprio itinerario attraverso i luoghi-origine della propria cultura, a conferma del carattere autoriflessivo della sua opera: l'anfiteatro di Capua, i resti dei templi di Pergamo e la necropoli di Petra da spazi vuoti e apparentemente anonimi, si presentano come luoghi vivi e avvolti da un'aura surreale, perchè colti in una luce e in un'impercettibile vibrazione della materia, ora definita, ora leggermente sfocata. Le uniche figure ammesse nelle sue foto sono quelle delle statue di amazzoni e di atleti, e i numerosi volti in mosaici ed affreschi, come nella composizione “Anamnesi” (1990), dove le foto affiancate l'una all'altra accentuano e caricano l'espressività dei visi .
Le sue fotografie sono state definite immagini metafisiche, il suo sguardo infatti si accorda ad una profonda empatia verso





Attesa, 1999, stampa al carbone su carta
cotone, 2009



Ercolano n. 2, 1972, stampa al bromuro d’argento, vintage


Napoli, 1986, stampa al carbone
su carta cotone, 2008
la natura, che viene però interiorizzata e restituita in immagini dalla dimensione atemporale. Anche il senso della “natura morta” degli oggetti viene mutato nella serie “Eden”, parodia di un rinnovato paradiso terrestre. La sfida per Jodice è quella di andare oltre la natura contemplativa e statica di questo genere, e di creare delle tensioni visive in quegli oggetti che rappresentano i bisogni e i desideri dell'uomo, che sono per noi “metafora della violenza quotidiana”.
La “Natura” in senso stretto, è invece il nome di un altro ciclo che coglie tratti di paesaggio selvaggi o ricostruiti dall'uomo, già proseguimento dell'immenso lavoro effettuato sull'aspetto più importante della natura, per un partenopeo come Jodice: il “Mare”, oggetto della serie forse più nota, realizzata a partire dalla fine degli anni '90. Qui scogli, isole, spiagge sono riprese in tutta la loro potenza visiva e valenza poetica, separate da tutto ciò che li lega ai luoghi comuni della visione.
E' l'uomo, solo, di fronte al mare, che nella sua totalità diventa l'unico spazio possibile di autentica riflessione, “l'unico spazio verso l'infinito”, come dice lo stesso Jodice, mentre nella camera oscura fa emergere dall'acqua queste immagini di pura perfezione.


Amazzone da Ercolano, 2007 stampa al
bromuro d’argento, 2007,





Strombolicchio, 199, stampa al carbone
su carta cotone, 2009


Francesca Pardini è laureata in Storia dell'Arte Contemporanea e specializzata in Fotografia contemporanea.
francespardini@hotmail.it

E' vietata la riproduzione anche parziale dell'articolo e delle immagini © Copyright