Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno VI - n.26 - Novembre-dicembre 2010
L'ARTE NEL MIRINO 


Il Festival di Fotografia a Roma, tra conferme e delusioni
di Francesca Pardini



Tante novità preannunciate, tante conferme, altrettante delusioni.

Il Festival Internazionale di Fotografia, giunto alla nona edizione, ha visto il direttore artistico Marco Delogu affrontare il tema Futurspectives avvalendosi di un team di tre curatori, per rispondere alla domanda può la fotografia interpretare il futuro? da tre diversi punti di vista: fotografia e arte contemporanea nella sezione curata da Paul Wombell, fotografia e new media in quella diretta da Valentina Tanni, e fotografia ed editoria nel progetto sviluppato da Marc Prust. L'intenzione è stata accolta con entusiasmo, così come la location del Macro Testaccio che (rispetto al Palazzo delle Esposizioni dello scorso anno) per la sua struttura aperta, mutevole, dinamica e post-moderna, si dimostra di gran lunga più adatta ad accogliere un evento dal sapore internazionale.
Se la fotografia può interpretare il futuro non è più una domanda, ma direi un dato di fatto, laddove questa non è più intesa oggi come il deposito commemorativo di un fatto passato, frammento di una realtà in cui ciò che viene rappresentato rientra nella categoria dell' “è stato”, come ci ha insegnato per tanti anni Roland Barthes. Oggi la fotografia può non solo catturare il presente e fermarlo, bensì analizzarlo per guardare al futuro e usare il processo fotografico per immaginare nuove realtà non troppe lontane da noi. Ed è qui allora che l'interesse del curatore si allontana dal fotogiornalismo e si avvicina piuttosto a quella zona della creatività dove la fotografia si incontra con l'arte contemporanea e ne diventa una sua attiva interprete.
La sezione curata da Paul Wombell raccoglie infatti il lavoro di fotografi contemporanei come Ilkka Halso, Jill Greenberg, O Zhang, Mirko Martin, Cédric Delsaux, Ebru Erülkü, Kader Attia , Peter Bialobrzeski che sfidano le nostre aspettative sulla tradizionale visione fotografica.
Le foto di Ilkka Halso raffigurano un futuro in cui la minaccia di un'estinzione totale della natura porta a salvarla rinchiudendola in un museo; il lavoro di Jill Greenberg raccoglie grandi foto a colori di bambini che piangono, come a mostrare un'ingenua sfiducia nel futuro che li attende. Al contrario, lo sguardo delle ragazze cinesi ritratte da O Zhang è deciso e ottimista, metafora del futuro di una nazione che ben presto diventerà la più potente. Non si risparmiano neanche le città, con Londra avvolta nel fumo dopo una terribile catastrofe nelle immagini di Ebru Erülkü e Los Angeles scenario di sfondi apocalittici in quelle di Mirko Martin. La domanda da porsi dunque non è tanto se la fotografia “può” interpretare il futuro, ma “come”, con quali sguardi e con quali prospettive.
Lo scenario complessivo risulta infatti abbastanza deprimente e catastrofico e, se non fosse per le immagini di Kader Attia in cui alcuni ragazzi algerini guardano pensosi il mare, simbolo di un futuro possibile, si direbbe che non c'è spazio, nell'immediato, per una visione positiva. Causa di questa mancanza potrebbe essere stata anche la scarsezza di progetti realizzati ad hoc per l'occasione.
Più chiara e attinente è la ricerca di Valentina Tanni che ha intitolato la mostra Maps and Legends, eleggendo il mondo virtuale come zona di raffronto e dialogo continuo tra i new media e la fotografia, in un rapporto che si vive quotidianamente nel presente ma che sarà sempre in inevitabile mutamento.






Ebru Erülkü, View of house of P (#1), 2005





Ilkka Halso, Museum 1, The Museumof nature, 2004





Cedric Delsaux, The Dark Lens, 2008
La fotografia dunque esplora i territori del virtuale cogliendo le "relazioni che la pratica fotografica sta intessendo con il mondo della Rete, con la sua cultura, il suo linguaggio, il suo immaginario ”, dice Valentina Tanni, presentando il progetto su Google Street Views di Marco Cadioli. Carlo Zanni , Phillip Toledano Martijn Hendriks (Paesi Bassi) , Justin Kemp (USA), Jaime Martinez (Messico), Filippo Minelli (Italia), Sascha Pohflepp (Germania) , Jon Rafman (Canada) , Phillip Toledano (USA), Harm Van den Dorpel (Paesi Bassi) e Carlo Zanni (Italia) sono gli altri artisti che, in modo diverso hanno focalizzato la loro ricerca sui rapporti e sugli scarti possibili tra il tempo e lo spazio.
Il progetto di Marc Prust, infine, vuole riscattare tutti quei lavori non pubblicati, dunque non conosciuti -da cui il titolo “Unpublisched – Unknown”-, dando visibilità a fotografi quali Alessandro Gandolfi, Alessandro Serranò, Donald Weber, Markel Redondo, Wei Ying Ang, Andrea Predescu, Filippo Massellani, Massimo Mastrorillo, Ann Ackermann, Freya Najade, Massimo Sordi, Anton Kusters, Gianfranco Maggio, per citarne alcuni.



Marco Cadioli, Ricostruzione virtual





Maurizio Montagna, Billboards, 2005


Il risultato espositivo è stato definito da molti poco chiaro e disomogeneo, dovuto, per forza di cose, alla varietà e all'“incompletezza” insita nei lavori presentati. Ma lasciando da parte, per una volta, l'effetto finale, e la ricerca del “pezzo forte” che fa tendenza, va riconosciuto a Marc Prust il coraggio di una scelta democratica che dà credito ai lavori che avrebbero continuato a vivere nell'anonimato.
Come sempre il Festival ha coinvolto altre strutture, quali gallerie, Accademie e centri culturali, creando un vero e proprio circuito nella capitale capace di diffondere in ogni zona lo spirito della manifestazione. Degna di nota la mostra di Maurizio Montagna presentata alla Galleria di Maria Grazia del Prete, Billboards. Allestita ad hoc per lo spazio ospitante, Montagna realizza dittici e trittici di immagini dal forte contenuto meta-linguistico. I Billboards, generalmente affissi agli edifici per mostrare, comunicare messaggi pubblicitari, coprire o valorizzare esterni, sono qui catturati nella loro non-funzionalità. Cornici vuote, pannelli e néon incompleti, giocano con i concetti di interno ed esterno, pieno e vuoto, creando una nuova armonia tra architetture e paesaggio ai limiti dell'archeologia industriale.

Francesca Pardini, laureata in Storia dell'Arte Contemporanea, é specializzata in Fotografia contemporanea
francespardini@hotmail.it

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