Giacomo Balla: Bambina che corre sul balcone, Galleria d'Arte Moderna, Collezione Grassi, Milano. (Photo: Copyright Comune di Milano)
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“ Le nostre sensazioni pittoriche non possono essere mormorate. Noi le facciamo cantare e urlare nelle nostre tele che squillano fanfare assordanti e trionfali”: così recita un significativo brano del Manifesto dei Pittori Futuristi del 1910, ad evidenziare l'energia incontenibile della nuova pittura, assimilabile ad una musica potente e roboante, di tipo wagneriano. Un anno prima, il 20 febbraio 1909, sul quotidiano Le Figaro, era stato pubblicato a Parigi ad opera di un poeta e scrittore, Filippo Tommaso Marinetti, il primo Manifesto del Futurismo, un movimento d'avanguardia tutto italiano, legato inizialmente alla sfera letteraria, ma esteso ben presto a tutte le arti, per un rinnovamento globale della cultura del primo ‘900. A 100 anni dalla nascita, prima in Francia, al Centro Pompidou di Parigi, ora in gran parte dell'Italia sono iniziate le mostre commemorative del Futurismo, dall'esposizione al Mart di Rovereto (che proseguirà a Venezia ed a Milano), a quella romana che si sta svolgendo presso le Scuderie del Quirinale, per approdare infine a Londra presso la Tate Modern, fino al settembre 2009.
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Alla base della rivoluzione concettuale futurista vi è l'esaltazione del progresso tecnologico, incarnato dalla macchina e dalla velocità, come recita il Manifesto: “ Noi vogliamo cantare l'amore per il pericolo, l'arte dell'energia e della temerarietà. Gli elementi essenziali della nostra poesia saranno il coraggio, l'audacia e la rivolta.” Grazie a questo giovanile slancio vitale, espresso nei principi fondanti del Futurismo, molti artisti si avvicinano a Marinetti per proporre nel 1910 un manifesto della pittura, redatto da Umberto Boccioni, seguito da quelli della musica nel 1911 e della scultura nel 1912. |
Prima importantissima avanguardia nostrana, il Futurismo coinvolse nella sua spinta rinnovatrice l'intera società, proponendo un'estetica basata sul dinamismo e sulla velocità, che fu estesa alla fotografia, alla musica, alla moda, all'architettura, al teatro, alla danza ed al cinema, finanche alla cucina! Al di là di alcuni eccessi non condivisibili, quali la guerra intesa come igiene del mondo o la distruzione (peraltro mai attuata!) dei musei, l'estetica futurista rappresentò per la cultura italiana un'autentica ventata di aria fresca, un modo di uscire dal provincialismo e dall'accademismo imperanti nell'800. I giovani artisti, Boccioni, Carrà, Balla, Severini, Russolo, inneggiando al cambiamento, si schierarono contro il passatismo, ovvero l'ossequio nei confronti della cultura antica, auspicando l'attuazione di un mondo moderno e tecnologico, completamente proiettato verso il futuro. Influenzato sul nascere dalle tecniche pittoriche del Divisionismo di Segantini, il Futurismo tende ben presto verso un approfondimento del dinamismo spaziale delle forme e dei colori, sempre esplosivi. A differenza del Cubismo, la visione futurista suggerisce un movimento simultaneo e fluido, privo di quell'analisi geometrica ed intellettualistica della realtà propria di Picasso e di Braque. Le nuove metropoli, la velocità dei treni, delle auto in corsa, delle biciclette, il ritmo frenetico della danza, tutto reso con sciabolate energiche di luce e di colori, sono tra i ricorrenti temi delle opere futuriste: “Il tempo e lo spazio morirono ieri; noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creato l'eterna velocità onnipresente".
Non tutti gli artisti futuristi amano rappresentare la macchina, icona del tempo: Umberto Boccioni, a differenza di Carlo Carrà, nella scelta dei soggetti pittorici o scultorei privilegia gli esseri viventi, di cui esalta la bellezza. In "La risata" l'artista sa comunicare la grande vitalità della figura quasi volante; nel capolavoro “ Città che sale ” le immagini dei cavalli fluttuano dall'interno del dipinto verso lo spettatore coinvolgendolo in una realtà in cui spazio e tempo si confondono, mentre il colore comunica con la sua accensione espressiva energie positive. E' il concetto bergsoniano di tempo come “durata”, che Boccioni traduce in suggestiva immagine pittorica: non esiste, infatti, per il filosofo Henry Bergson, un tempo legato allo spazio e diviso razionalmente, bensì un flusso continuo di coscienza in cui passato e presente interferiscono e mutano costantemente il loro rapporto nella continuità della memoria. Per Boccioni il movimento è simultaneo ed è sintesi di quello che si ricorda e di quello che si vede (come si intuisce in " Gli addii"): i suoi cavalli, resi con dionisiaco furore, quello stesso di cui parla Nietzsche, rispecchiano più efficacemente di ogni altra forma l'eterno divenire dell'esistere.
E' pur vero che un artista come Boccioni, soprattutto quando scolpisce, ad esempio in “ Forme uniche di continuità nello spazio” , si avvicina, più di quanto lui stesso non creda, all'arte ellenistica, per quella sua ricerca, spinta all'estremo, di una compenetrazione di forma e spazio; talchè l'espressione trasgressiva e polemica riportata nel Manifesto: “ Una automobile che ruggisce, che ha l'aria di correre su di una mitraglia, è |
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Carlo Carrà: I Funerali dell'anarchico Galli, The Museum of Modern Art, New York (Acquisiti tramite il Lille P.Bliss Besquest, 1948)
U. Boccioni: La Risata, 1911, The Museum of Modern Art, New York. Dono di Herbert e Nannette Rothschild, 1959
U. Boccioni: Stati d'animo I: gli addii, 1911, The Museum of Modern Art, New York. Dono di Nelson A. Rockefeller, 1979
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più bella Vittoria di Samotracia”, può intendersi soprattutto come una provocazione e non come pensiero realmente condiviso. Proprio alla nuova sintesi tra forma, spazio e tempo dobbiamo la vitalità centenaria del Movimento; infatti, dopo aver vissuto una prima intensa fortuna (periodo analizzato dalla mostra romana), conclusasi all'indomani della prima guerra mondiale con la morte di Boccioni e di Antonio Sant'Elia, geniale progettista di architetture avveniristiche, il Futurismo avrà una seconda vita dal '22, quando attorno a Marinetti si ricrea un altro gruppo di artisti, tra i quali spicca la straordinaria personalità di Fortunato Depero (la Casa d'Arte Futurista Depero si è riaperta a Rovereto dal 17/01709)
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U. Boccioni: Stati d'animo II: quelli che vanno, 1911, The Museum of Modern Art, New York. Dono di Nelson A. Rockefeller, 1979
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Marcel Duchamp: Nu descendant l'escalier n.2, 1912. Philadelphia Museum of Art, Filadelfia.
The Louise and Walter Arensberg Collection, 1950
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La morte di Marinetti nel '44 segnerà la fine del movimento, ma non la morte dello spirito dell'avanguardia. Il vasto fenomeno culturale, oltre che in Francia, in Gran Bretagna ed in Belgio, si diffuse anche in Giappone, in Messico, negli Stati Uniti ed in Russia, dal cubo-futurismo dei Nathalie Goncharova al raggismo di Larionov, che riprese la teoria bocconiana delle linee-forza (dei rapporti tra il Futurismo italiano e quello straniero si occupa in particolare la mostra al Mart di Rovereto (Tr)).
Al di là dei proclami polemici e delle posizioni estreme, il rinnovamento futurista ha veramente precorso la contemporaneità; con la sua forza formale e concettuale e con l' esplosività cromatica, ha espresso un momento della creatività quanto mai vivace e fecondo, capace di portare molti frutti, dal Vorticismo inglese al Sincronismo americano, dal Dadaismo fino alle molteplici ricerche artistiche dell'epoca in cui viviamo.
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J.Metzinger: Le Goûter (Femme à la cuillère), 1911.
Philadelphia Museum of Art, Filadelfia. The Louise and Walter Arensberg Collection, 1950
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Luigi Russolo: La Rivolta, 1911,
Collezione Gemeentemuseum Den Haag, L'Aia, Paesi Bassi
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“Futurismo. Avanguardia – Avanguardie” a cura di Didier Ottinger; Ester Coen, commissario per l’Italia. Scuderie del Quirinale, Roma fino al 24 maggio 2009 |
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