Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno V - n.22 - Novembre-dicembre 2009
IN MOSTRA 



L’eccellenza pittorica di Giorgione
di Bruna Condoleo




Madonna col Bambino, 1498/1500, olio su tela. S.Pietroburgo, Museo Hermitage



Artista geniale quanto misterioso, la cui immagine da sempre è stata circonfusa da un alone leggendario, Giorgione ha affascinato scrittori e poeti, ha sbalordito il pubblico con la sua arte raffinata e con un cromatismo caldo e naturale. "Egli appare piuttosto come un mito che come un uomo- recita Gabriele D’Annunzio nel 1898 in “Il fuoco”- Nessun destino di poeta è comparabile al suo, in terra. Tutto, o quasi, di lui si ignora; e taluno giunge a negare la sua esistenza. Il suo nome non è scritto in alcuna opera e taluno non gli riconosce alcuna opera certa. Pure tutta l’arte veneziana sembra infiammata dalla sua rivelazione; il grande (Tiziano) Vecellio sembra avere ricevuto da lui il segreto d’infondere nelle vene delle sue creature un sangue luminoso”.
La sua personalità innovatrice e complessa viene celebrata con una grande mostra che Castelfranco Veneto, paese natale del pittore, gli dedica a 500 anni dalla morte. Il mistero attorno alla sua vita, la difficile decifrabilità tematica dei suoi pochi capolavori, fanno di Giorgione un mito che si alimenta della propria multiforme ambiguità, ma nello stesso tempo individuano un artista d’eccellenza, che ha lasciato nella storia della cultura una traccia indelebile, malgrado la brevità del suo apparire nel mondo: morì infatti a soli 33
anni! Il colore è la sua scoperta più eclatante, poiché l'arte di Giorgione, pur derivata dalla tradizione veneta quattrocentesca di Giovanni Bellini, suo maestro, è tutta imperniata sulla pittura tonale, ovvero sulla decantazione delle tinte grazie all'effetto della luce con la quale si fondono colori diversi, uomo e natura, paesaggio e figura. Quasi tutte le notizie biografiche sono incerte, ad iniziare dal nome Zorzo o Zorzi, detto Giorgione con un accrescitivo, “dalla grandezza d’animo”, come riferisce Giorgio Vasari nelle “Vite”( 1568), finanche la data di nascita (1477/78); inoltre molte delle opere, nessuna delle quali è firmata, i loro significati,





Idillio campestre, 1500 c.a. olio su tavola. Padova, Musei Civici agli Eremitani



spesso criptici, senza escludere la data della morte dell’artista, di cui pure si hanno differenti versioni (di peste secondo Vasari, di “male d’amore” secondo il critico seicentesco Carlo Ridolfi): tutto insomma è in dubbio. Che sia stato un bel musico, suonatore di liuto o un uomo di profonda cultura filosofica, sicuramente egli fu un artista ricercatissimo dalla committenza nobiliare veneziana, pittore di tele dagli effetti cromatici sfumati, di vaga ascendenza leonardesca. L'amore per la natura gli consente di dipingere scenari pervasi di un profondo senso poetico: mi riferisco al paesaggio che fa da quinta nella "Pala di Castelfranco veneto", dove una torre


Le tre età dell'uomo, 1500-02, olio su tela. Firenze, Palazzo Pitti-Galleria Palatina


 

Doppio ritratto, 1502, olio su tela. Roma, Museo Nazionale Palazzo Venezia
alla sinistra della Vergine e una montagna alla destra sono realizzate con tocchi fluidi e con una calda luminosità cromatica che si propaga anche attorno alla figura della Madonna, posta su un alto trono. Ma penso soprattutto al misterioso paesaggio de “ La tempesta ”, in cui uno squarcio nel cielo nuvoloso annuncia l'imminente temporale, quasi un battesimo della lussureggiante natura.
Il bel paesaggio urbano, privo di disegno, rischiarato dalla luce gialla della folgore, appare quasi evanescente sullo sfondo di una scena enigmatica, dove un alabardiere è assorto nei suoi pensieri ed una bella donna nuda allatta il suo bambino, guardando fuori dal quadro. L'iconografia inusuale ha dato adito nel tempo a contraddittorie interpretazioni riguardo al soggetto: dal ritrovamento di Mosè ad Adamo ed Eva, a Filottete a Lemno (tema questo desunto dalla tragedia greca), ma Marcantonio Michiel, amante delle arti e annotatore delle cronache dell'epoca, che vide il dipinto nel 1530 nella casa del committente Vendramin, così commenta semplicemente:" El paesetto in tela cum la tempesta cum la cingana (zingara ) et soldato, fà de man de Zorzi de Castefranco” . Da queste poche righe, scritte 20 anni dopo la morte del Maestro, capiamo che il vero “significato” della tela supera le dotte spiegazioni attribuite in seguito, dall'amore neoplatonico alla letteratura classica, ma si concentra principalmente su di una visione naturalistica dove l'uomo è parte integrante di uno scenario costituito da un cielo tempestoso, da un ruscello e da alcune rovine, da alberi e da verdi fronde.

La Tempesta, 1502-05, olio su tela. Venezia, Gallerie dell'Accademia





Il Tramonto, 1506-08, olio su tela. Londra, The National Gallery

La luce si frange nei molteplici toni del verde, dei blu, dei bianchi e l'atmosfera del dipinto è estremamente poetica grazie alla pittura tonale, che avvalendosi di un profondo legame tra luce e colore, fa sì che le tinte più diverse, imbevute della stessa quantità di luce, si amalgamino in superiore unità cromatica. Rispetto al colorismo delicato, fatto di velature e di atmosferica levità usato da Giovanni Bellini, Giorgione spinge la tecnica tonale più oltre realizzando una perfetta simbiosi tra uomo e natura. Confrontata al chiaroscuro e al disegno fiorentini, la pittura veneta assegna priorità ai valori cromatici, tanto che Giorgione quasi non utilizza più il disegno e dipinge direttamente sulla tela figure e paesaggio, come hanno mostrato le radiografie effettuate su “La tempesta”, quasi fosse un linguaggio “impressionista” ante litteram. Del resto la modernità della nuova sensibilità giorgionesca è facilmente comprensibile, se si pensa all'arte del ‘900, da Matisse a Kandinskij, da Gauguin a Cezanne a Soutine, arte che deve la sua pregnanza alla supremazia del colore inteso come valore di espressività emotiva autonoma.
Pertanto si può asserire che la lezione di Giorgione, così originale per il proprio tempo, iconograficamente rivoluzionaria, ha prodotto nell'età contemporanea grandi frutti. La colta personalità dell'artista e il suo amore per la musica fanno sì che la sostanza vera della sua arte sia individuabile in un lirismo che pur non escludendo contenuti filosofici e morali, pone in prima linea i valori estetici del colore e dell'accordo dei toni e delle luci, l'estatica visione del paesaggio e la poetica e vibrante bellezza della natura.
La mostra “ Giorgione ”, oltre ai capolavori unanimemente attribuiti al Maestro, come “Le tre età dell'uomo”, “Doppio autoritratto”, “La prova di Mosè”, espone opere di Maestri vicini all'estetica giorgionesca, come Albrecht Dürer, Sebastiano del Piombo, Tiziano (con cui collaborò negli affreschi del Fondaco dei Tedeschi a Venezia), Cima da Conegliano, Palma il Vecchio. Inoltre i testi dei suoi biografi, dal Vasari al Dolce, e quelli di letterati, musici, intellettuali che contribuirono a creare il clima fervido del Rinascimento veneto, saranno visibili in questa mostra eccezionale, ospitata nel Museo Casa Giorgione, a Castelfranco Veneto, che si inaugurerà il 12 dicembre 2009 e terminerà l'11 aprile del 2010.



Tiziano Vecellio: Orfeo ed Euridice, 1510 c.a., olio su tela. Bergamo, Accademia Carrara di Belle Arti



Bruna Condoleo, storica dell'arte, giornalista, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte


E' vietata la riproduzione anche parziale dell'articolo e delle immagini © Copyright