A distanza di pochi anni dall'inaugurazione del
MAXXI la nostra Redazione torna al Museo nazionale delle Arti del
XXI secolo di Roma. Abbiamo visitato il Museo nella sua fase di
cantiere (Architettura del 2000, Archivio n.9) e il giorno della
sua inaugurazione (Archivio n.23) riportando le nostre impressioni
e i pareri di cronaca nati attorno al Complesso museale, opera dell'architetto
iracheno Zaha Hadid. A questo punto del nostro viaggio nel mondo
dell'architettura contemporanea è doveroso concludere con un resoconto
sui primi quattro anni di attività del MAXXI. Ricordiamo l'inaugurazione
del Museo, nel maggio del 2010, con la mostra di Gino De Dominicis
e l' esposizione monografica dell'architetto Luigi Moretti, quando
le porte dei due volumi di cemento armato, intrecciati dentro e
fuori l'ex caserma Montello, si sono aperte davanti a una fila di
occhi curiosi e critici. Perciò tralasciamo di parlare della struttura
in calcestruzzo e acciaio, distesa in un turbinio di linee morbide
e pungenti assieme, tagliate da lame di luce naturale che ne esaltano
il pathos formale, né ribadiamo il moto compulsivo con cui il visitatore
è indotto a far parte della struttura, passando da una sala all'altra,
srotolandosi e percorrendo lingue di passaggi e scale che sembrano
galleggiare in uno spazio bianco di elementi architettonici. Soffermiamoci
invece sulle emozioni. |
Per un momento il nostro occhio di tecnici si chiude lasciando spazio
alla voce delle pareti grigie e lucide, delle scale che a mezz'aria
falciano lo spazio in una geometria instabile e conflittuale, ai
giochi della luce che bagna corridoi e sale riflettendosi sulle
superfici bianche degli elementi d'arredo… Soltanto il volteggiare
in aria di tubi rossi, brillanti e vivi, ci riporta alla realtà
di uno spazio dinamico e affascinante. Il progetto di Zaha Hadid
è ardito, quasi feroce nel suo decostruttivismo e allo stesso tempo
armonioso nell'affrontarsi di graffi di luce e lamiera. Osservando
il Museo dalla zona della Hall d' ingresso si rimane sconcertati,
stupiti e sopraffatti dalla bellezza compositiva dei volumi. Ciò
poteva risultare scontato, visto il calibro della progettista vincitrice
del premio Pritzker, altrettanto ovvia non era la "vita" di questo
Museo. Il MAXXI respira della vita dei visitatori che sporcando
i pavimenti, parlano e osservano, mentre lo spazio interno muta
plasmato dal susseguirsi di installazioni di arte e di architettura,
inserite in un programma culturale molto vario, forse troppo esclusivo,
frutto delle scelte della Fondazione omonima che lo gestisce. Interessante,
ad esempio, la mostra che ospita da qui all'estate, installazioni
di Ettore Spalletti, dal suggestivo titolo "Un giorno così bianco,
così bianco", in cui le opere dell' artista, concepite appositamente
per questa occasione, invadono lo spazio fluttuante del Museo mettendosi
in geniale relazione con l'architettura che le ospita. |
A quattro anni di distanza dall'apertura e con sguardo ormai abituato
a quest'organismo autonomo all'interno della città, si notano tuttavia
alcuni difetti, pecche che è naturale nascano, considerate l'estensione
e l'importanza del Polo museale. Un auditorium troppo piccolo e
avulso concettualmente dalla linea stilistica dell'ambiente che
lo circonda; la mancanza di un luogo di studio marcatamente (e spazialmente)
definito come nucleo teorico dell'ars aedificandi, interno a un
complesso che è essenzialmente architettura; la chiusura - come
accennato in precedenza - all'esposizione temporanea libera, l'assenza,
cioè, di un luogo di espressione autogestito che segnerebbe l'ultimo,
ma necessario, anello di una catena ideale di rapporti tra dirigenza
e attività artistiche esterne. Rapporto che invece non è tradito
dallo spazio antistante, uno spazio urbano, seppur chiuso dai cancelli
del Museo, intriso del senso proprio dell'area pubblica. Qui le
linee spezzate del MAXXI si proiettano nell'area sottostante e prendono
la forma di bacini d'acqua, aiuole, sedute: una radura tra alberi
di acciaio e pietra! Stilisticamente complesso, non lo si può negare,
il MAXXI gode del suo successo, non solo per il progetto che indubbiamente
ha lasciato parlare di sé, ma soprattutto per il nodo culturale
che rappresenta, un'architettura in cui si sviluppa l'architettura
in quanto Arte.
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Ilaria D'Ambrosi, architetto e Urban Planner
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