Tra il gioco altalenante dei tornanti, tra i boschi ed i viottoli sterrati arriviamo presso la perla della provincia padovana, Arquà Petrarca, un'oasi immersa nell'elegante morfologia dei Colli Euganei. I tetti tegolati delle antiche abitazioni si stagliano tra il verde brillante della vegetazione, accendendo di rosso mattone il colore melange del fogliame, mentre il profumo delle viti in fiore desta in noi ricordi ed antiche consuetudini di vita.
La strada che ci invita ad entrare nella parte bassa della città solca infatti le vigne venete e ci accompagna fino a Piazza Petrarca dove, da una parte la chiesa della SS. Maria Assunta fa da sfondo alla Tomba di Francesco Petrarca, mentre dall’altra una strada ripida porta fino al cuore di Arquà.
Chiesa della Ss.Maria Assunta
Uscendo sul sagrato si ammirano la facciata, di gusto romanico, e l'arca, sepolcro del Poeta aretino, che, commissionata dal genero Francescuolo da Brossano, ospita Petrarca dal 1380, sei anni dopo la morte. Il monumento, meraviglioso nell'attenta lavorazione del marmo rosso di Verona e trachite secondo il modello di un sarcofago paleocristiano, è arricchito dal cinquecentesco busto in bronzo del Poeta e riporta l'epitaffio da lui dettato; sul muro della chiesa una lapide encomia i tre massimi padri della lingua italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio.
E' così Arquà Petrarca: una splendida piccola città, un po' nascosta ed un po' esaltata dal verde che la circonda, in bilico tra passato e presente, tra medioevo e modernità.
Città dalle origini antichissime, che risalgono all'età del bronzo, feudo degli Estensi prima e dei conti Abano poi, è oggi un luogo in cui il turista
si può rendere conto dell'ospitalità degli abitanti, sempre pronti ad accogliere tutti facendoli sentire a casa, coccolati dal dolce sapore del brodo di giuggiole,
Casa del Petrarca, incisione del '700
Alla sinistra della colonna, sono i resti della medioevale Loggia dei Vicari, dove si riunivano i componenti della famiglia che governava la città, come testimoniano gli stemmi araldici, oggi unici ornamenti delle mura in pietra. Questo luogo è tuttora annesso alla dimora del governatore, riconoscibile dalle bifore e monofore sulla parete opposta all'entrata; mentre solo recentemente (2003) il Comune di Arquà ha trovato i fondi per ricostruire il tetto che copriva la Loggia. Un tempo connesso alla Loggia dei Vicari era l'Oratorio della SS. Trinità, in cui Francesco Petrarca andava a pregare. L'impianto più antico fu ampliato nel 1300, così da enfatizzare le peculiarità dell'iniziale stile romanico nell'unica navata coperta da capriate scoperte; nel tardo cinquecento sarà compito del celebre pittore Palma il Giovane dipingere la pala per l'altare maggiore, raffigurante la SS.Trinità.
Colonna Marciana
Forse fu lo stesso Petrarca ad ordinare un primo restauro della casa che conserva, a più di sei secoli, le stanze dove il poeta viveva e lavorava, la biblioteca, il soffitto cassettonato trecentesco, la sala detta delle “metamorfosi” e quella delle “visioni”, che furono affrescate nel XVI sec. durante un ampliamento della stessa, con storie ispirate al Canzoniere, ai Trionfi e all'Africa, opere che sono in procinto di essere sottoposte ad un restauro, finanziato dall'associazione degli Amici dei musei e monumenti di Padova, che ne riporterà alla luce l'originaria bellezza. In questa casa, circondata dal giardino tanto curato dal Poeta, nella notte tra il 18 ed il 19 luglio 1374, Francesco Petrarca morì nel suo studio, come racconta una leggenda, chino sul suo amatissimo Codice Virgiliano.
Dal 1868 la città assunse l'odierno nome proprio in onore al sommo Poeta italiano. Nella sua casa la libreria e la sedia ove studiava e scriveva sono poste ancora come tanti secoli fa, come se egli stesse riposando nella stanza attigua.
Fontana del Petrarca, incisione del '700
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Panorama di Arquà Petrarca (Pd))
Proprio questa strada, durante la Festa di maggio, si popola degli abitanti del luogo che, abbigliati secondo antiche fogge
medioevali in calzamaglia e grembiule, preparano focacce, forgiano ferri e cuciono scarpe, dando l'idea al turista che da un momento all'altro il Petrarca possa uscire dalla sua dimora ed attingere l'acqua dalla fontana che oggi prende il suo nome.
Questa era già esistente ai tempi del Poeta (alcuni documenti la datano fin al 1235), ricordato nei versi latini di Quarenghi, incisi sull'arco: “Un nume abita in questa fonte, o straniero: venera quest'acqua, bevendo la quale il Petrarca potè cantare versi divini”. Poco distante dalla fontana si eleva la chiesa di SS. Maria Assunta, originariamente del XI secolo, ma ampliata nel '600. Tuttavia nell'unica navata, coperta da una travatura a vista, sono ancora presenti gli antichi affreschi attribuiti alla scuola giottesca, oltre ad una bella tela cinquecentesca di Palma il Giovane, con l'Assunzione.
Casa del Petrarca
sciroppo liquoroso fatto con un gustoso frutto, simile all'oliva ma dal colore rosso scuro e dalla polpa biancastra, che si gusta appena colto, sotto grappa o preparato in deliziose confetture, soprattutto durante la festa locale nella prima e nella seconda domenica di ottobre.
Risalendo via Iacopo D'Arquà si arriva al centro abitato più antico, Arquà Alta, sviluppato intorno a Piazza S. Marco; qui taverne e bancarelle mostrano il lavoro degli artigiani del luogo ed il visitatore prende parte alla loro vita ed alle loro attività, sempre ammirato dalle bellezze circostanti.
Qui è ubicata, dalla fine degli anni venti, una copia seicentesca della perduta colonna marciana eretta dal vicario della Repubblica veneziana a testimonianza del legame tra la Serenissima ed Arquà.
Monumento a Francesco Petrarca
Non c'è nulla ad Arquà privo di bellezza: le strade in porfido, persino i più moderni locali e la vegetazione sanno fare da cornice alle case tre e quattrocentesche, in cotto e pietra, dei signori veneti che tra il XIV ed il XVI sec., ma soprattutto dopo l'annessione della città al controllo veneziano, si trasferirono in questo luogo ormai rinomato per la sua storia e per la notorietà acquisita nel tempo. Con la caduta della Repubblica Veneta, Arquà vedrà il suo periodo più buio, superato soltanto dopo l'annessione del Veneto al neonato Regno d'Italia.
Oggi il borgo vibra dello splendore delle testimonianze artistico-architettoniche, delle memorie letterarie come del gioco dei riflessi della luce che rimbalza sulle pietre chiare delle case, culminando nella magnificenza della dimora del Petrarca. Il Poeta ammirò per la prima volta il paesaggio circostante dei Colli Euganei quando si recò ad Abano Terme per curarsi dalla scabbia; ma solo quando divenne canonico di Monselice ricevette in dono alcune terre ad Arquà, dove scelse di trascorrere con la figlia Francesca gli ultimi anni della sua vita.
Fontana del Petrarca
Nel tempo la dimora fu abbandonata e lasciata in rovina, ma ancora nell'800 qualcosa spingeva personalità illustri come Vincenzo Monti o George Byron a visitare quel luogo intriso di tante memorie, forse per trovare negli emozionanti scorci delle colline la stessa ispirazione che trovò il Petrarca quando, riferendosi ad Arquà, scriveva: "Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo". |