…quod si quis diligentius aestumaverit abundantiam
aquarum in publico, balineis, piscinis, euripis, domibus, hortis,
suburbanis villis, spatia aquae venientis, exstructos arcus, montes
perfossos, convalles aequatas, fatebitur nil magis mirandum fuisse
in toto orbe terrarum (Plinius Maior: Historia Naturalis) (1)
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Rovine dell'Acquedotto nel
territorio...
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Il Ponte e l'acquedotto della Marcia
Ponte Lupo è una porzione visibile dell'acquedotto romano costruito
nel 144 a.C. dal pretore Quinto Marcio Re (da cui il nome Acqua
Marcia) all' epoca della distruzione di Cartagine. Era collegato
al vicino ponte delle Forme Rotte per tenere l'acqua in quota ed
evitare che questa giungesse nella città di Roma con forza eccessiva.
L'acquedotto fu realizzato in speco sotterraneo, emergendo con imponenti
manufatti, quali il Ponte San Pietro, il Ponte Lupo, il ponte sul
fosso Caipoli e quello della Bulica, in corrispondenza degli attraversamenti
di fossi e valli. Era uno tra i più lunghi acquedotti romani (91,4
km, quindi più lungo anche del moderno acquedotto del Peschiera
che ne misura 86) e la sua portata era di 190.000 metri cubi d'acqua
al giorno. Le sorgenti abbondanti e purissime della Marcia si trovavano,
secondo quanto riporta Frontino (2), all'altezza del XXXVI miglio
della via Valeria nei pressi di "Marano Equo", tra Àrsoli ed Agosta
e sono state sempre considerate le più buone di Roma, al punto di
essere usate come termine di paragone per tutti gli altri acquedotti.
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Strutture visibili tra la vegetazione
Fornici di destra cui si aggancia
il muro curvo
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Plinio il Vecchio definiva l’acqua
Marcia “Clarissima acquarum omnium”, cioè “un
dono fatto all’Urbe dagli dei”. L’acqua era così
pura che veniva mescolata persino col vino!.
L’acquedotto Marcio rappresenta una delle opere più
grandi dell’ingegneria romana che serviva Roma in abbondanza:
un ramo era per Quirinale e Campidoglio, un altro, detto "Rivus
Herculaneus", per il Celio e l'Aventino, e poi, il più
famoso ramo potenziato dalla nuova sorgente, detta "Fons novus
Antoninianus" o “Aqua Antoniniana”, fu quello costruito
nel 212-13 da Antonino Caracalla per alimentare le sue Terme .
La monumentalità dell’acquedotto che chiude la valle
come una diga lunga circa m.115, alta oltre m. 27 e con uno spessore
di oltre m.18, caratterizza Ponte Lupo di cui oggi sono visibili
gli archi in opera quadrata di tufo, mentre la maggior parte dell'imponente
struttura prosegue ai lati delle arcate visibili, ma completamente
coperta dalla vegetazione.
Restauri e ampliamenti
L' acquedotto Marcio, ebbe numerosi interventi di restauro e ampliamento: da quelli di Caio Marcio Censorino e Lucio Marcio Filippo a quelli di Agrippa, Augusto che potenziò anche la portata raddoppiata per una nuova sorgente, di Tito, Caracalla, Adriano, Settimio Severo e Diocleziano.
Con la caduta dell'impero romano inizia la graduale e sistematica distruzione degli acquedotti dovuta alle invasioni dei barbari che culminò con il loro taglio durante la guerra gotica del 534 d.C.
Dionigi di Alicarnasso, nelle sue Antichità romane aveva
scritto che " La straordinaria grandezza dell'Impero Romano si manifesta
prima di tutto in tre cose: gli acquedotti, le strade lastricate
e la costruzione delle fognature". Con la guerra gotica e il gesto
scellerato, la magnificenza di questo sistema idraulico andò perduta
per molto tempo e Roma fu privata delle sue acque per quasi mille
anni.
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L'approvvigionamento idrico nel periodo medievale
era garantito dagli "acquarioli" o "acquarenari" i quali distribuivano
l'acqua del Tevere dopo averla opportunamente filtrata. Si dovrà
attendere il Rinascimento per vedere iniziare grandi opere di ripristino
e nuovi acquedotti.
L'ultimo grande restauro dell'acquedotto Marcio si deve a papa Pio
IX quando, nella metà dell'Ottocento, incaricò Luigi Canina
e Nicola Moraldi di ripristinare l'antico acquedotto la cui acqua,
in onore del papa, fu denominata Acqua Pia ed ebbe anche la propria
mostra nella prima versione nella "Fontana delle Naiadi".
I vari interventi di restauro, modifica e potenziamento subiti nel
tempo si riconoscono per la presenza di differenti tessuti murari,
ma solo uno studio sistematico e organico potrà chiarire le varie
fasi di costruzione, uso e ampliamento, le tecniche edilizie e di
finitura, i sistemi di raccolta e distribuzione delle acque.
In tutta Italia e in tantissime parti del mondo si
ammirano acquedotti e ponti quali imponenti testimonianze della
più alta ingegneria idraulica romana: il Ponte du Gard in
Provenza, oppure le opere spagnole di Segovia, Merida, Terragona
o ancora il ponte Eifel a Colonia, la più grande struttura
antica a nord delle Alpi o gli acquedotti di Valens a Istanbul
o di Cesarea a Israele, l' acquedotto di Gadara in
Giordania, il più lungo tunnel dell'antichità (94 KM), solo per
ricordarne alcuni. |
Prospetto nord. Le persone
danno l'idea della monumentalità di Ponte Lupo!
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Le strutture murarie variano forma e
composizione secondo la provenienza dell’acqua, i luoghi,
la morfologia del territorio, l’epoca, le temperature della
regione in cui si trovano. I condotti passano sotterranei ovvero
sostenuti da meravigliose arcate spesso sovrapposte in modo ardito,
che disegnano spazi naturali con monumentali geometrie.
Eppure, nonostante la meraviglia di queste costruzioni, nonostante
la tutela degli enti preposti alla conservazione, gli acquedotti
e i ponti antichi sono meno conosciuti di altre opere archeologiche.
C’è ancora molto da scoprire su tantissimi aspetti
delle loro strutture e sulla loro distribuzione nei territori. Non
esiste ancora una sistematica “mappa” che ne evidenzi
i percorsi, l’epoca, il funzionamento da zona a zona. Nella campagna romana, nei vari terreni, si notano spesso tracce di fontane o tratti di acquedotti che meriterebbero di essere inserite in un quadro di unione dapprima territoriale, poi regionale, nazionale, internazionale.
Ciò consentirebbe la più approfondita conoscenza di questo inestimabile patrimonio e la valorizzazione di tutte le opere simili presenti nel mondo estendendone la conoscenza nel corso dei secoli fino ai nostri giorni.
Non esiste ancora, infatti, una sistematica catalogazione dei materiali utilizzati, delle tecniche costruttive che, seppure note nella loro tipologia principale, assumono da caso a caso variabili ancora tutte da indagare.
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La parte in fondo è oggi ricoperta di vegetazione
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Particolare tessuti costruttivi
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Ponte Lupo rappresenta proprio l’
“Unicum” straordinario praticamente ancora sconosciuto,
il monumento nascosto, la testimonianza di un sistema antico di
gestione del territorio e delle sue risorse, molto civile e costruttivamente
complesso e, nella sua monumentalità, una piccola porzione
visibile di un raffinato sistema idraulico ancora conservato e tutto
da scavare. Qui infatti si conserva l’intersezione di vari
tratti di acquedotti con le loro peculiarità.
La complessità del reperto è testimoniata già
da Cassio Alberto, nel suo volume (3)
dedicato a Papa Benedetto XIII dove scriveva …"
E fondato cotesto grand’Arco nel fine della Tenuta di S.Gio.
Camporaccio, spettante oggi agl’Eccell.Barberini, sopra al
Torrente denominato Acqua Rossa. Sul dorso sosteneva due
larghi Spechi, l’orifico de quali s’estende a palmi
12. Enc.4. Dall’Ala Meridionale sovrastava all’inferiore
della Claudia per primi 79. Quello che tragittava l’Aniene;
alla Settentrionale si appoggiava di struttura circa VI palmi più
biffo quel della Claudia, la quale oltre al Ponte continuava per
retta linea il suo corso per tratto di III miglia a Valle Inversata,
dove è situata la Chiesuola di S.Maria in Cavamonte".
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Particolare tessuti costruttivi
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Particolare di un bollo
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Particolare tessuti costruttivi
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E ancora il Nibby: …"E in
questo punto che i tre acquedotti, della Marcia, Claudia, ed Aniene
nuovo traversavano la ultima falda degli appennini, quindi fu d'
uopo costruire nelle valli ponti magnifici. o stupende arcuazioni,
delle quali rimangono ancora avanzi , che tanto più sorprendono,
quanto meno son noti. E nella vallata di s. Antonio un poco di sotto
al ponte di questo nome veggonsi ancora le tracce del ponte, sul
quale passava la Marcia: come nell'alti» vallone della Mola
si ammira ancora l'arenazione di 20 fornici , pel tratto di 750
piedi, costrutta di tegole e mattoni,e che chiamansi gli Archi della
Mola. Quello della Claudia, e dell'Aniene Nuova, essendo di livello
molto più alto, fu d'uopo costruire ponti ancora più
alti : le due acque sovrannotate passavano sopra quello di s. Antonio,
ponte che ha sette archi , e 120 piedi di altezza verticale; e dopo
quel punto, dividendosi, la Claudia traversava il vallone meridionale
sopra il ponte s. Pietro, diriggendosi di là al ponte Lupo:
l'Anienc volgendosi verso oriente traversava il vallone pel ponte
denominato le Forme Rotte, sotto il villaggio diruto di Castel s.Angelo,
e di là da esso, sotto lo stesso villaggio, ed in vista di
Villa Catena, traversava una altra valle profonda, che perciò
dicesi dell'Inferno, onde il ponte, e l’arcuazione ha lo stesso
nome: e poscia andava a congiungersi coll' acquedotto della Claudia
al ponte Lupo ricordato di sopra." (4)
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Particolare tessuti costruttivi visibili tra la vegetazione
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Dettaglio monumentale prospetto sud-est. I contrafforti a sinistra sono ricoperti dalla vegetazione
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Per la salvaguardia e valorizzazione del Ponte,
che si trova nella tenuta agricola Barberini di San Giovanni
in Campo Orazio e che appartiene alla famiglia dal ‘600,
si è costituita l’ Associazione Ponte Lupo: Il Gigante
dell’Acqua (5),
che ha l’ambizioso scopo di raccogliere fondi per scavare,
restaurare, valorizzare il meraviglioso e gigantesco reperto, estraendo
anche dalla vegetazione che la ricopre, tutta quella parte nascosta
visibile nei disegni di Thomas Ashby e Luigi Canina che rppresentano
il Ponte/acquedotto e il passaggio di acque differenti: Marcia,
Anio Vetus, Anio Novus, Claudia.
Tutte le ipotesi di lavoro saranno ovviamente sottoposte all’approvazione
del MIBACT e prevedono sin d’ora l’interazione tra archeologi,
restauratori, studiosi di varia formazione per conoscere il monumento
nella sua complessità strutturale, superficiale e ambientale.
L’Associazione ha inoltre intenzione di trasformare Ponte
Lupo nel fulcro per un Convegno Internazionale annuale sui ponti
storici per raccogliere sistematicamente intorno al monumento le
eccellenze internazionali, gli studi, gli approfondimenti e per
creare una piattaforma di lavoro comune e scambio culturale.
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Particolare in Opus reticulatum dell'ultima sopraelevazione
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L’Associazione,
per raccogliere i fondi necessari al raggiungimento del suo scopo,
intende creare eventi culturali, sportivi, artistici, utilizzare
vari sistemi di raccolta ed aprire le porte a tutti coloro che vorranno
condividere questo sforzo per restituire il bene alla comunità,
valorizzando un territorio ricchissimo di storia, arte e cultura
creando opportunità di lavoro nella e per la bellezza, coinvolgendo
i giovani che sempre più si allontanano dall’Italia
per mancanza di opportunità professionali e operative.
Un bene archeologico come traino di esperienza e cultura, conoscenza
e scambio tra i popoli.
Mi piace chiudere con un pensiero di Giuseppe Tornatore: L'arte
e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire
all'uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile.
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Da lontano: particolare della
struttura in laterizio
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(1)
…ma se qualcuno calcolerà scrupolosamente l'abbondanza
di acqua (fornita) alle (fontane) pubbliche, alle terme, alle cisterne,
ai canali, alle case, ai giardini, alle ville suburbane, e la distanza
da cui proviene l'acqua, gli archi costruiti, le montagne perforate,
le vallate livellate, egli vi confesserà che mai è
esistita cosa più mirabile sull'intera Terra.
Plinio il Vecchio 36.123
(2) Frontino, Sesto Giulio.
Degli Acquedotti della Città di Roma.
Il trattato sugli acquedotti di Frontino, che era stato curatore
delle acque a Roma, cioè il responsabile degli acquedotti
e dei servizi connessi, è un’opera svolta in due libri
che tratta in modo esauriente e scrupoloso i problemi di approvvigionamento
idrico della città contenendo. E’ ricco di notizie
storiche, tecniche, amministrativo-legislative e topografiche sui
nove acquedotti esistenti all’epoca. Gli acquedotti sono presentati
dall’autore come elemento di grandezza dell'Impero Romano
tanto da essere paragonati per magnificenza alle piramidi e alle
opere architettoniche greche.
Curioso e interessante anche il modo in cui ci è giunto il
testo: infatti il trattato ci è arrivato attraverso un codice
manoscritto del XII secolo ritrovato nell’Abbazia di Montecassino
nel 1429 da Poggio Bracciolini.
(3) Cassio Alberto,
“Corso Dell'Acque Antiche Portate Da Lontane Contrade Fuori
E Dentro Roma Sopra XIV. Acquidotti, E Delle Moderne, E In Essa
Nascenti” : Coll'Illustrazione di molte Antichità che
la stessa Città decoravano, Da Passati Scrittori Ed Antiquarj
Non Conosciute ; Opera Divisa In Due Parti ; Roma 1756
(4) Antonio Nibby,
Analisi storico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma/,
Roma 1837, Volume I Parte 2 (pag.33 e 34)
(5) Associazione
“Ponte Lupo – il Gigante dell’acqua”
per la tutela, valorizzazione, conservazione, promozione culturale
e ambientale e per lo sviluppo ecosostenibile di Ponte Lupo”.
N.B Per chi volesse documentarsi
attraverso le foto e le piante (copyright) di Thomas Ashby provenienti
dalla ASHBY COLLECTION, realizzate tra il 1890 il 1925, e conservate
nella Library and Archive Digital Collections della The British
School at Rome, clicchi il seguente Link: www.bsrdigitalcollections.it/ta.aspx
Marina Pennini, Aurea Sectio srl Conservazione e Restauro Beni
Culturali
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