Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Work in progress - Anno IX - n.40 - Aprile - giugno 2014
ARTinFORMA
RESTAURI E...DINTORNI

Ponte Lupo: Il Gigante dell'Acqua
a cura di Marina Pennini




…quod si quis diligentius aestumaverit abundantiam aquarum in publico, balineis, piscinis, euripis, domibus, hortis, suburbanis villis, spatia aquae venientis, exstructos arcus, montes perfossos, convalles aequatas, fatebitur nil magis mirandum fuisse in toto orbe terrarum (Plinius Maior: Historia Naturalis) (1)


Rovine dell'Acquedotto nel territorio...



Il Ponte e l'acquedotto della Marcia
Ponte Lupo
è una porzione visibile dell'acquedotto romano costruito nel 144 a.C. dal pretore Quinto Marcio Re (da cui il nome Acqua Marcia) all' epoca della distruzione di Cartagine. Era collegato al vicino ponte delle Forme Rotte per tenere l'acqua in quota ed evitare che questa giungesse nella città di Roma con forza eccessiva. L'acquedotto fu realizzato in speco sotterraneo, emergendo con imponenti manufatti, quali il Ponte San Pietro, il Ponte Lupo, il ponte sul fosso Caipoli e quello della Bulica, in corrispondenza degli attraversamenti di fossi e valli. Era uno tra i più lunghi acquedotti romani (91,4 km, quindi più lungo anche del moderno acquedotto del Peschiera che ne misura 86) e la sua portata era di 190.000 metri cubi d'acqua al giorno. Le sorgenti abbondanti e purissime della Marcia si trovavano, secondo quanto riporta Frontino (2), all'altezza del XXXVI miglio della via Valeria nei pressi di "Marano Equo", tra Àrsoli ed Agosta e sono state sempre considerate le più buone di Roma, al punto di essere usate come termine di paragone per tutti gli altri acquedotti.


Strutture visibili tra la vegetazione


Fornici di destra cui si aggancia il muro curvo
 
Plinio il Vecchio definiva l’acqua Marcia “Clarissima acquarum omnium”, cioè “un dono fatto all’Urbe dagli dei”. L’acqua era così pura che veniva mescolata persino col vino!.
L’acquedotto Marcio rappresenta una delle opere più grandi dell’ingegneria romana che serviva Roma in abbondanza: un ramo era per Quirinale e Campidoglio, un altro, detto "Rivus Herculaneus", per il Celio e l'Aventino, e poi, il più famoso ramo potenziato dalla nuova sorgente, detta "Fons novus Antoninianus" o “Aqua Antoniniana”, fu quello costruito nel 212-13 da Antonino Caracalla per alimentare le sue Terme .
La monumentalità dell’acquedotto che chiude la valle come una diga lunga circa m.115, alta oltre m. 27 e con uno spessore di oltre m.18, caratterizza Ponte Lupo di cui oggi sono visibili gli archi in opera quadrata di tufo, mentre la maggior parte dell'imponente struttura prosegue ai lati delle arcate visibili, ma completamente coperta dalla vegetazione.

Restauri e ampliamenti
L' acquedotto Marcio, ebbe numerosi interventi di restauro e ampliamento: da quelli di Caio Marcio Censorino e Lucio Marcio Filippo a quelli di Agrippa, Augusto che potenziò anche la portata raddoppiata per una nuova sorgente, di Tito, Caracalla, Adriano, Settimio Severo e Diocleziano. Con la caduta dell'impero romano inizia la graduale e sistematica distruzione degli acquedotti dovuta alle invasioni dei barbari che culminò con il loro taglio durante la guerra gotica del 534 d.C.
Dionigi di Alicarnasso, nelle sue Antichità romane aveva scritto che " La straordinaria grandezza dell'Impero Romano si manifesta prima di tutto in tre cose: gli acquedotti, le strade lastricate e la costruzione delle fognature". Con la guerra gotica e il gesto scellerato, la magnificenza di questo sistema idraulico andò perduta per molto tempo e Roma fu privata delle sue acque per quasi mille anni.
L'approvvigionamento idrico nel periodo medievale era garantito dagli "acquarioli" o "acquarenari" i quali distribuivano l'acqua del Tevere dopo averla opportunamente filtrata. Si dovrà attendere il Rinascimento per vedere iniziare grandi opere di ripristino e nuovi acquedotti.
L'ultimo grande restauro dell'acquedotto Marcio si deve a papa Pio IX quando, nella metà dell'Ottocento, incaricò Luigi Canina e Nicola Moraldi di ripristinare l'antico acquedotto la cui acqua, in onore del papa, fu denominata Acqua Pia ed ebbe anche la propria mostra nella prima versione nella "Fontana delle Naiadi". I vari interventi di restauro, modifica e potenziamento subiti nel tempo si riconoscono per la presenza di differenti tessuti murari, ma solo uno studio sistematico e organico potrà chiarire le varie fasi di costruzione, uso e ampliamento, le tecniche edilizie e di finitura, i sistemi di raccolta e distribuzione delle acque.
In tutta Italia e in tantissime parti del mondo si ammirano acquedotti e ponti quali imponenti testimonianze della più alta ingegneria idraulica romana: il Ponte du Gard in Provenza, oppure le opere spagnole di Segovia, Merida, Terragona o ancora il ponte Eifel a Colonia, la più grande struttura antica a nord delle Alpi o gli acquedotti di Valens a Istanbul o di Cesarea a Israele, l' acquedotto di Gadara in Giordania, il più lungo tunnel dell'antichità (94 KM), solo per ricordarne alcuni.


Prospetto nord. Le persone danno l'idea della monumentalità di Ponte Lupo!


Le strutture murarie variano forma e composizione secondo la provenienza dell’acqua, i luoghi, la morfologia del territorio, l’epoca, le temperature della regione in cui si trovano. I condotti passano sotterranei ovvero sostenuti da meravigliose arcate spesso sovrapposte in modo ardito, che disegnano spazi naturali con monumentali geometrie.
Eppure, nonostante la meraviglia di queste costruzioni, nonostante la tutela degli enti preposti alla conservazione, gli acquedotti e i ponti antichi sono meno conosciuti di altre opere archeologiche. C’è ancora molto da scoprire su tantissimi aspetti delle loro strutture e sulla loro distribuzione nei territori. Non esiste ancora una sistematica “mappa” che ne evidenzi i percorsi, l’epoca, il funzionamento da zona a zona.
Nella campagna romana, nei vari terreni, si notano spesso tracce di fontane o tratti di acquedotti che meriterebbero di essere inserite in un quadro di unione dapprima territoriale, poi regionale, nazionale, internazionale. Ciò consentirebbe la più approfondita conoscenza di questo inestimabile patrimonio e la valorizzazione di tutte le opere simili presenti nel mondo estendendone la conoscenza nel corso dei secoli fino ai nostri giorni. Non esiste ancora, infatti, una sistematica catalogazione dei materiali utilizzati, delle tecniche costruttive che, seppure note nella loro tipologia principale, assumono da caso a caso variabili ancora tutte da indagare.


La parte in fondo è oggi ricoperta di vegetazione



Particolare tessuti costruttivi


Ponte Lupo rappresenta proprio l’ “Unicum” straordinario praticamente ancora sconosciuto, il monumento nascosto, la testimonianza di un sistema antico di gestione del territorio e delle sue risorse, molto civile e costruttivamente complesso e, nella sua monumentalità, una piccola porzione visibile di un raffinato sistema idraulico ancora conservato e tutto da scavare. Qui infatti si conserva l’intersezione di vari tratti di acquedotti con le loro peculiarità.
La complessità del reperto è testimoniata già da Cassio Alberto, nel suo volume (3) dedicato a Papa Benedetto XIII dove scriveva …" E fondato cotesto grand’Arco nel fine della Tenuta di S.Gio. Camporaccio, spettante oggi agl’Eccell.Barberini, sopra al Torrente denominato Acqua Rossa. Sul dorso sosteneva due larghi Spechi, l’orifico de quali s’estende a palmi 12. Enc.4. Dall’Ala Meridionale sovrastava all’inferiore della Claudia per primi 79. Quello che tragittava l’Aniene; alla Settentrionale si appoggiava di struttura circa VI palmi più biffo quel della Claudia, la quale oltre al Ponte continuava per retta linea il suo corso per tratto di III miglia a Valle Inversata, dove è situata la Chiesuola di S.Maria in Cavamonte".



Particolare tessuti costruttivi



Particolare di un bollo



Particolare tessuti costruttivi


E ancora il Nibby: …"E in questo punto che i tre acquedotti, della Marcia, Claudia, ed Aniene nuovo traversavano la ultima falda degli appennini, quindi fu d' uopo costruire nelle valli ponti magnifici. o stupende arcuazioni, delle quali rimangono ancora avanzi , che tanto più sorprendono, quanto meno son noti. E nella vallata di s. Antonio un poco di sotto al ponte di questo nome veggonsi ancora le tracce del ponte, sul quale passava la Marcia: come nell'alti» vallone della Mola si ammira ancora l'arenazione di 20 fornici , pel tratto di 750 piedi, costrutta di tegole e mattoni,e che chiamansi gli Archi della Mola. Quello della Claudia, e dell'Aniene Nuova, essendo di livello molto più alto, fu d'uopo costruire ponti ancora più alti : le due acque sovrannotate passavano sopra quello di s. Antonio, ponte che ha sette archi , e 120 piedi di altezza verticale; e dopo quel punto, dividendosi, la Claudia traversava il vallone meridionale sopra il ponte s. Pietro, diriggendosi di là al ponte Lupo: l'Anienc volgendosi verso oriente traversava il vallone pel ponte denominato le Forme Rotte, sotto il villaggio diruto di Castel s.Angelo, e di là da esso, sotto lo stesso villaggio, ed in vista di Villa Catena, traversava una altra valle profonda, che perciò dicesi dell'Inferno, onde il ponte, e l’arcuazione ha lo stesso nome: e poscia andava a congiungersi coll' acquedotto della Claudia al ponte Lupo ricordato di sopra." (4)


Particolare tessuti costruttivi visibili tra la vegetazione
 
Dettaglio monumentale prospetto sud-est. I contrafforti a sinistra sono ricoperti dalla vegetazione


Per la salvaguardia e valorizzazione del Ponte, che si trova nella tenuta agricola Barberini di San Giovanni in Campo Orazio e che appartiene alla famiglia dal ‘600, si è costituita l’ Associazione Ponte Lupo: Il Gigante dell’Acqua (5), che ha l’ambizioso scopo di raccogliere fondi per scavare, restaurare, valorizzare il meraviglioso e gigantesco reperto, estraendo anche dalla vegetazione che la ricopre, tutta quella parte nascosta visibile nei disegni di Thomas Ashby e Luigi Canina che rppresentano il Ponte/acquedotto e il passaggio di acque differenti: Marcia, Anio Vetus, Anio Novus, Claudia.
Tutte le ipotesi di lavoro saranno ovviamente sottoposte all’approvazione del MIBACT e prevedono sin d’ora l’interazione tra archeologi, restauratori, studiosi di varia formazione per conoscere il monumento nella sua complessità strutturale, superficiale e ambientale.
L’Associazione ha inoltre intenzione di trasformare Ponte Lupo nel fulcro per un Convegno Internazionale annuale sui ponti storici per raccogliere sistematicamente intorno al monumento le eccellenze internazionali, gli studi, gli approfondimenti e per creare una piattaforma di lavoro comune e scambio culturale.

Particolare in Opus reticulatum dell'ultima sopraelevazione
 
L’Associazione, per raccogliere i fondi necessari al raggiungimento del suo scopo, intende creare eventi culturali, sportivi, artistici, utilizzare vari sistemi di raccolta ed aprire le porte a tutti coloro che vorranno condividere questo sforzo per restituire il bene alla comunità, valorizzando un territorio ricchissimo di storia, arte e cultura creando opportunità di lavoro nella e per la bellezza, coinvolgendo i giovani che sempre più si allontanano dall’Italia per mancanza di opportunità professionali e operative.
Un bene archeologico come traino di esperienza e cultura, conoscenza e scambio tra i popoli.
Mi piace chiudere con un pensiero di Giuseppe Tornatore: L'arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all'uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile.

Da lontano: particolare della struttura in laterizio







(1) …ma se qualcuno calcolerà scrupolosamente l'abbondanza di acqua (fornita) alle (fontane) pubbliche, alle terme, alle cisterne, ai canali, alle case, ai giardini, alle ville suburbane, e la distanza da cui proviene l'acqua, gli archi costruiti, le montagne perforate, le vallate livellate, egli vi confesserà che mai è esistita cosa più mirabile sull'intera Terra.
Plinio il Vecchio 36.123

(2) Frontino, Sesto Giulio. Degli Acquedotti della Città di Roma.
Il trattato sugli acquedotti di Frontino, che era stato curatore delle acque a Roma, cioè il responsabile degli acquedotti e dei servizi connessi, è un’opera svolta in due libri che tratta in modo esauriente e scrupoloso i problemi di approvvigionamento idrico della città contenendo. E’ ricco di notizie storiche, tecniche, amministrativo-legislative e topografiche sui nove acquedotti esistenti all’epoca. Gli acquedotti sono presentati dall’autore come elemento di grandezza dell'Impero Romano tanto da essere paragonati per magnificenza alle piramidi e alle opere architettoniche greche.
Curioso e interessante anche il modo in cui ci è giunto il testo: infatti il trattato ci è arrivato attraverso un codice manoscritto del XII secolo ritrovato nell’Abbazia di Montecassino nel 1429 da Poggio Bracciolini.

(3) Cassio Alberto, “Corso Dell'Acque Antiche Portate Da Lontane Contrade Fuori E Dentro Roma Sopra XIV. Acquidotti, E Delle Moderne, E In Essa Nascenti” : Coll'Illustrazione di molte Antichità che la stessa Città decoravano, Da Passati Scrittori Ed Antiquarj Non Conosciute ; Opera Divisa In Due Parti ; Roma 1756

(4) Antonio Nibby, Analisi storico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma/, Roma 1837, Volume I Parte 2 (pag.33 e 34)

(5) Associazione “Ponte Lupo – il Gigante dell’acqua”  per la tutela, valorizzazione, conservazione, promozione culturale e ambientale e per lo sviluppo ecosostenibile di Ponte Lupo”.

N.B Per chi volesse documentarsi attraverso le foto e le piante (copyright) di Thomas Ashby provenienti dalla ASHBY COLLECTION, realizzate tra il 1890 il 1925, e conservate nella Library and Archive Digital Collections della The British School at Rome, clicchi il seguente Link: www.bsrdigitalcollections.it/ta.aspx



Marina Pennini, Aurea Sectio srl Conservazione e Restauro Beni Culturali

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