Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Work in progress - Anno X - n.39 - Gennaio - marzo 2014
RITRATTI E AUTORITRATTI 



Pietro Cimino - L’ Intervista
di Bruna Condoleo



L’arte contemporanea ci ha ormai abituato a considerare come accettabili le espressioni più trasgressive e provocatorie; tuttavia vi sono estetiche che ancora colpiscono per la loro natura spaesante, come avviene nell’opera di Pietro Cimino, artista a tutto tondo. Spaziando dall’architettura alla scultura, dal design alla pittura alla scrittura, egli rivela uno spirito eclettico che nella ricerca artistica trova inedite soluzioni tematiche e formali. Grazie all’ inclinazione per la narrativa, il “linguaggio” ha da sempre affascinato Cimino, soprattutto le parole e le lettere che evidenziano una vita autonoma e sono capaci di esplicitare l’essenza originale del suo immaginario. Attraverso un linguaggio allusivo e fantasioso Cimino costruisce storie e le condensa al massimo nei suoi polimaterici, che saranno esposti dal 15 marzo 2014 presso la Galleria d’arte L’ Acquario, situata nel cuore antico di Roma. Nell’attesa della mostra abbiamo intervistato Pietro Cimino, in esclusiva per Ars et Furor, affinchè sia proprio lui a introdurci negli aspetti più inediti della sua poetica per comprendere appieno il senso delle personali scelte estetiche.


P.Cimino, Fall, 2013-14, polimaterico


Bruna Condoleo: Nel considerare le tue opere colpisce immediatamente la rilevanza dell’uso di lettere, di ideogrammi, di parole. Puoi chiarire da cosa nasca questa singolare predilezione iconografica?

Pietro Cimino: Perché a me piace raccontar storie.
E nel legame tra letteratura e pittura e scultura e collage è la ricerca del mio linguaggio.
Lettere per formare parole, un alfabeto e non solo. Lettere singole o accoppiate, a quattro, otto, a formar corpo; parole spezzate, apparentemente informi eppur indizio di concetto. Ed è già una quasi narrazione. Lettere che a volte smettono di essere tali per divenire parole esse stesse, o frasi, o discorsi, cantilene. Per comporre, comunicare, raccontare. Composte in monologhi, dialoghi. Opinioni da bar mai del tutto compiute che inducono al confronto, oppositivo o condiviso.
Lettere che si uniscono come cellule, atomi, mononucleidi. Note musicanti.
Parole in cerca di qualcuno che le formuli. Buone per ogni idioma, parole in autocomposizione, una sorta di esperanto, lingua arcaica che non necessita di traduzione.
Ecco, il piacere di inventar lingue, così, per confessarsi.
Da utilizzare in esercizi di trazione per l’intelletto ovvero per aprirti nella sfera emozionale; un flash di vissuto, percezioni complesse da ridurre ad istantanee. A suggerire, più che ad acclarare, proteste e voglie, ricordi, rabbia stizza o disappunto. O cose, luoghi, noia, amore.

B.C.: L’assemblage materico con cui costruisci i lavori è essenzialmente di natura dinamica, caleidoscopica, spesso con effetto spaesante. Qual è il collant di un tale associazionismo creativo?

P.C.: La specificità della materia in simbiosi con il tema trattato: assemblare stoffe con pietre, lettere di legno, plastica, metallo, creta, in sinfonica sequenza, e cosa fatta per inseguire un’ intuizione, un composto per un segmento di vita, più che cercare di fare arte. E tradurle con solidi e colori, luminosità, contrasti, comporre ritmi rubati alla melodia o al jazz.
Ma attenzione: le presenze non sono oggetti “pop” di uso o riuso, nemmeno sono simboli o sinonimi, caricature del vero. Sono esse forme analogiche, affini per sensibilità, psicosomiglianza. Come la spirale che chiude, le linee di energia, poi gli specchi per coinvolgere, eccitare.



P.Cimino, Erotic dream, 2013-14, polimaterico


B.C.: In che modo e con quale finalità si concretizza la genesi del tuo percorso creativo?

P.C.: Intendiamoci: il fatto di alloggiare astrazioni apparenti, concetti o altro, servendosi di parole o semplici ideogrammi (lemmi in sintesi) non significa aver compiuto il percorso. Ogni colore, ogni sequenza disposta in ritmo, ogni termine, hanno il loro preciso “scopo“ nel concorrere a tessere la trama. Ed è lo “scopo” la giustificazione per l’impiego del legno o del metallo, così come la scelta dell’oboe in luogo del flauto nel brano sinfonico; della stoffa molle e sgualcita in luogo della rigida tavola, o la rigida tavola in luogo della tela, del pezzo sospeso in rilievo, del foro che ferisce la tavola, del collage.

B.C.: Dunque una costruzione pensata e dosata come fosse una composizione musicale! I tuoi lavori, così ricchi di rimandi psicologici, hanno bisogno di una singolare “lentezza” percettiva, che permetta al fruitore di entrare gradualmente nello spirito della tua arte. E’ questa la poetica che ti guida?

P.C.: Colui che guarda ha il suo ruolo, non è cosa dell’arte passar oltre con un “ok” o “non mi piace”. Le tavole richiedono un lasso temporale congruo di osservazione (non si può scappare dopo la prima occhiata), durante il quale l’osservatore percepirà in diacronica sequenza: immediati sono i caratteri alfabetici, parole e cose, captandone il rapporto tra loro, il colore e la composizione, il rilievo, magari la gerarchica classificazione degli oggetti, la modalità formale; ingredienti (indizi ) che vogliono indurre a trasferire l’analisi della tavola da un piano razionale ad un gradino surreale, psico-intuitivo, accedere alla sfera trascendente, dove l’occhio, il gusto, la bellezza altro non sono che mezzi per consentire l’accesso al sensismo. Quindi alla partecipazione.



P.Cimino, Ipnosis, 2013-14, polimaterico


Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte



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