Paesaggio con covoni e luna che sorge, Olio su
tela, cm 72 x 91,3, 1889
Kröller
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Müller Museum, Otterlo
© Kröller
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Müller Museum, Otterlo
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Paesaggi, contadini al lavoro, nature morte, amici e se stesso:
a Milano il mondo di Vincent Van Gogh, espresso con il pathos di un'anima ferita, ma desiderosa di comprendere
il mondo e di essere compresa, in una bella mostra che ci trasporta in un inimitabile universo di forme e di colore. Quest'ultimo soprattutto è per Van Gogh elemento
fondamentale, veicolo tumultuoso, quanto autonomo, del racconto
delle contraddizioni e dei tormenti della vita; pur non corrispondendo
alla realtà naturale, nelle sue opere il colore ha la capacità
di trasmettere le emozioni, tanto da assumere una preminenza su
tutte le altre componenti dell'espressività pittorica. Superata
la concezione impressionista che intendeva tradurre sulla tela l'esperienza
della percezione ottico-visiva, l’artista olandese ritiene
che la pittura esprima una visione più complessa di quella
che l'occhio è capace di registrare e che nasca, invece,
dall'interiorità della coscienza.
Una vita dura, un'affermazione difficile per un autodidatta giunto
tardi nel mondo dell'arte, quella di Vincent, introverso e portato
alla depressione; tuttavia per lui fu costante l'impegno umano e
sociale fin da quando operava come pastore tra i minatori belgi
del Borinage e, seguendo l’esempio del suo ideale maestro
Millet, dipingeva realisticamente la vita gli oppressi.
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Autoritratto. Olio su cartone, cm 32,8 x 24, 1887
Kröller-Müller Museum, Otterlo© Kröller, Otterlo
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Contadine che raccolgono patate. Olio su tela
cm 31,5 x 42,5, 1885
Kröller
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Müller Museum
© Kröller
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Müller Museum
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“VAN GOGH. L’uomo e la terra” è il titolo
della mostra che Milano dedica al genio olandese a Palazzo Reale,
con l’esposizione di 47 opere tra oli, disegni e acquerelli;
il percorso espositivo, curato dai più rinomati studiosi
di Van Gogh (1), affronta una delle tematiche centrali della sua
arte: l’ amore per la campagna, luogo immutabile del lavoro
umano e custode della sua sostanza spirituale, popolato di gente
genuina e generosa, capace di sentimenti puri e eterni.
L’amore che l’artista mostrò nei confronti della
natura, dei lavori umili e faticosi dei campi, della laboriosità
religiosa della gente contadina, lo stupore dinanzi all’avvicendarsi
delle stagioni e dei prodotti della terra, tutto ciò egli
scoprì nell’opera pittorica di Jean François
Millet, per Van Gogh sorgente continua d’ispirazione.
Fin da quando a 27 anni decise di dipingere, l’artista ha
infatti realizzato senza sosta copie e rivisitazioni di Millet,
da lui considerato “son Père”, ovvero una guida
spirituale che durò tutta la vita. Le sue opere mai furono
prive dell’impegno umano e sociale desunto anche
dal Maestro francese, lirico cantore dei poveri; padre dell’Espressionismo
del ‘900, Van Gogh non è solo l’artista incompreso
che rompe con il proprio tempo andando incontro a delusioni e tribolazioni
pur d’imporre un linguaggio anticonformista; come si evidenzia
dalla nutrita corrispondenza con il fratello Theo, con Gauguin,
con Emile Bernard, che correda l’esposizione milanese dei
quadri, egli è attento agli avvenimenti artistici della sua
età, alle ricerche luministiche e cromatiche impressioniste
e post-impressioniste.
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La vigna verde. Olio su tela,
cm 73,5 x 92,5, 1888, Kröller - Müller Museum, Otterlo © Kröller
- Müller Museum, Otterlo
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Tuttavia la sua grandezza risiede nella capacità di reinterpretare
audacemente i modi e i temi consueti attraverso uno stile innovativo
che si avvale di un segno teso e convulso, tale che anche le immagini
del contadino, del seminatore, delle raccoglitrici di grano, così
care a Millet, divengono nelle mani di Vincent figure inquiete,
a volte angosciose (v. "Contadina che lega le fascine") quanto quelle del Maestro sono invece composte
e idealizzate.
Il colore diviene in Van Gogh nota formidabile di comunicazione
emotiva, veicolo esplosivo di pathos e di tormento esistenziale;
la sua pennellata è diseguale, veloce e frenetica,
capace di trasfigurare la forma reale delle cose, suggerendo sentimenti angosciosi, dolori personali,
pensieri di morte, insomma traducendo la solitudine dell’uomo e dell’artista.
Se si considera un capolavoro come “La vigna verde”,
il colore verde di un’ immensa vigna si mescola ai toni
gialli, viola, arancione e perfino neri; anche le piccole figure
di vendemmiatrici aggiungono al quadro nuove vivacità cromatiche, grazie al rosso degli ombrellini.
In “Uliveto con due raccoglitrici di olive” le distorsioni
delle forme corporee e degli alberi suggeriscono tensione e inquietudine,
mentre in “Sottobosco” la sagoma di un grande tronco
d’albero evoca pensieri eterni e misteriosi. Così
il pittore in una lettera del 1882 al fratello Theo: “A volte
desidero talmente dipingere un paesaggio come uno anela a una lunga
passeggiata per ristorarsi, e in tutta la natura, negli alberi ad
esempio, io vedo un’espressione ed un’anima”.
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Contadino che brucia le erbacce insieme a sua moglie.
Acquerello su carta, cm 19 ,4 x 36, 1883. Caldic Collectie, Wassenaar
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Ritratto di Joseph Roulin. Olio su tela, cm 65
x 53,9, 188, Kröller - Müller Museum, Otterlo © Kröller - Müller
Museum, Otterlo
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Persona di straordinaria sensibilità, pur amando la vita
solitaria Vincent cercò invano di inserirsi nella società:
fu libraio, assistente di un mercante d’arte, insegnante di
francese, predicatore evangelico. Dalla salute fragile, portato
alle ossessioni e alle manie, ebbe una vita oltre che brevissima,
carente delle meritate gratificazioni.
La mostra milanese propone un itinerario pittorico delle opere di Van Gogh in cui il fascino della natura riesce spesse volte a mitigare le innate angosce, come accade nell'acquerello "Contadino che brucia le erbacce insieme a sua moglie", in merito al quale il pittore scrive a Theo: " Nell'amore così come in tutta la natura c'è un appassire e un rifiorire, ma non una morte definitiva. La marea si alza e si abbassa, ma il mare resta il mare….".
Malgrado la sua pennellata si faccia sempre più turbolenta, nel periodo trascorso (1888/89) nel Midi della Francia, ad Arles e a Saint Rèmy, Van Gogh seppe fondere l'esperienza olandese con quella parigina, articolando il proprio linguaggio in modo personalissimo. Paesaggi ampi, assolati, smaglianti di colore, soprattutto di quel giallo così luminoso, quasi accecante, che è una caratteristica del Meridione francese e che l'artista realizza in tutte le gamme possibili, come in "Paesaggio con covoni e luna che sorge", dove la luminosità solare dei covoni di grano, impregnati di un'incontenibile vitalità, fa da contrappunto a una luna gialla, immersa tra il blu di serpeggianti montagne e il biancore latteo di un improbabile cielo.
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Sottobosco, Olio su tela, cm 33x46,5, 1887, Collection
Centraal Museum Foundation © Centraal
Museum, Utrecht
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Alla stregua dei campi fioriti, anche i luoghi della sua esistenza
assumono per l'artista un significato speciale: la cameretta, le
cose e gli oggetti quotidiani, come la pipa, le scarpe, la sedia,
le patate e le cipolle. I volti delle persone care ripropongono
non solo le fattezze conosciute, ma sono pervasi da un sentimento
struggente del passare del tempo, acuito dall'energia magnetica
del colore: senza retorica, l'arte di Van Gogh, pur coinvolta nel
dramma dell'esistere, riesce a comunicare sentimenti di energia e di forza. Creatore di straordinari autoritratti, dipinti con una
pennellata raggiata e nervosa, in '"Autoritratto" del '87, uno dei
tanti capolavori in mostra a Milano, Van Gogh fissa il mondo
con sguardo turbato e allarmato, e sebbene nelle lettere al fratello
palesi la difficoltà di dipingere se stesso, da genio della pittura qual è riesce a penetrare
nelle pieghe del suo animo tormentato con straordinaria intensità
espressiva.
Il sole e la luce limpida della Provenza si riflettono
nei timbri accecanti delle tinte, divenute per il pittore il linguaggio
assoluto delle emozioni; proprio ad Arles, luogo importante della
sua vita, nascono alcuni capolavori: il "Ritratto di Joseph Roulin", l'amico
postino, disponibile e fraterno come rivelano gli occhi limpidi
e la barba accogliente, oppure la tenera nutrice immortalata in
"La Berceuse ", dipinti nei quali Van Gogh interpreta con straordinaria
efficacia introspettiva l'essenza della natura umana.
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Natura morta con cipolle. Olio su tela, cm 49,6
x 64,4, 1889 Kröller - Müller Museum, Otterlo © Kröller - Müller
Museum, Otterlo
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Contadina che lega fascine di grano. Gessetto
nero, guazzo grigio e tracce di fissativo su carta a grana fine,
cm 44,5 x 52,6, 1885, Kröller - Müller Museum, Otterlo © Kröller
- Müller Museum, Otterlo
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Tragico, com'è noto, l'epilogo della sua esistenza: dopo un breve
soggiorno ad Auvers sur Oise, sotto le cure dell'amico medico Paul
Gachet, per il quale dipinge ben ottanta tele, si spara al petto
proprio in uno dei campi di grano tante volte ritratti, spegnendosi
due giorni più tardi, il 29 luglio 1890, a soli 37 anni.
La mostra
intende mettere in relazione il tema dell'Expo universale 2015, la terra e le sue risorse,
con le opere esposte, le quali provengono da prestigiosi Musei del mondo:
Amsterdam, Città del Messico, Utrecht, Otterlo e si avvalgono di
un allestimento in juta dell'architetto giapponese Kengo Kuma, anche per i colori ispirato
alla natura. L'esposizione si concluderà l'8 marzo 2015.
Note: (1)Kathleen Adler, studiosa
di Van Gogh, è la curatrice della mostra, supportata da un comitato
di fama mondiale: Cornelia Homburg, Sjraar van Heugten, Jenny Reynaerts
e Stéphane Guégan. L'evento è curato dal Van Gogh Europe Fondation.
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Uliveto con due raccoglitori di olive, Olio su tela, cm 73,3x92,2, 1889
Kröller-Müller Museum, Otterlo
© Kröller
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Müller Museum,
Otterlo
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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