Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Work in progress - Anno XII - n.53 - Luglio-settembre 2017
RITRATTI e AUTORITRATTI 

Capolavori grafici di JOAN MIRO': poesia- sogno -colore
di Bruna Condoleo


Un importante corpus di oltre 30 opere tra litografie e incisioni realizzate dal grande artista catalano si può ammirare nella mostra "JOAN MIRÓ. Capolavori grafici", ospitata alla “Galleria Deodato Arte” nel centro storico di Milano, dal 28 settembre p.v. al 4 novembre 2017.
Particolarmente significativi sono i lavori incisori accompagnati da poesie di Jacques Prévert, tratti dal libro in tiratura limitata Adonides (1975), le cui pagine originali sono esposte in mostra. La bellezza dei segni, dei temi e delle metafore riscontrabili in tale produzione grafica si rivela in consonanza con gli oli e con le opere in ceramica; pertanto conoscere più profondamente la personalità dell’artista spagnolo è utile per assaporare appieno la sua straordinaria grafica.
La vicenda di Mirò, pittore molto amato, dotato di vivacissima fantasia, può sintetizzarsi  con il graduale  abbandono del realismo visivo attraverso un avvicinamento spontaneo ai movimenti di avanguardia del ‘900, al Cubismo prima, poi al Dadaismo e infine al Surrealismo che lo libera  definitivamente dai legami con il mondo reale per consentirgli di aderire al sogno, all’universo della poesia e ai misteri dell’inconscio.
Nato a Barcellona nel 1893, figlio di un orefice e nipote di un fabbro, da subito aveva mostrato il suo carattere introverso e la sua attrazione per luoghi legati alle sue origini, sia per Montroig, un paesino montano da cui proveniva il padre, sia per Maiorca, luogo materno, dove trascorre parte della sua infanzia tra le bellezze dell’isola, della sua rigogliosa vegetazione, del mare e del sole, forte e spietato come quello degli Egizi.



Senza Titolo 2_1974_litografia a colori_cm 27,8x56,5



Gli studi all’Accademia di Belle Arti di Lonja gli serviranno per acquisire una tecnica e una disciplina, ma è alla Scuola d’Arte di  Barcellona che Mirò comincia ad aprire la mente dopo aver conosciuto la pittura impressionista, l’arte moderna di van Gogh e di Cézanne, il mondo colorato dei fauves e quello innovativo dei Cubisti. Nel lungo iter dell’artista prima della sua definitiva conquista di un surrealismo tutto proprio, troviamo paesaggi, nature morte, figure che hanno un comune denominatore: l’empito lirico del colore e una scrittura quasi infantile che libera la fantasia con gioia e con dinamismo voluttuoso. Durante la Grande Guerra in Spagna Mirò fa incontri importanti per il suo sviluppo umano e artistico: Francis Picabia, esponente del Dadaismo, il critico Max Jacob,  il poeta Guillaume Apollinaire e inoltre conosce le riviste che giungono da Parigi con le novità dei movimenti d’avanguardia e con i nomi dei personaggi che stanno cambiando il panorama dell’arte contemporanea, come  quello di Giorgio De Chirico. In questo periodo Mirò continua ad esprimere in pittura una tendenza alla semplificazione della forma, accentuando il ritmo della cromia, senza tuttavia abbandonare la verosimiglianza dell’immagine: una sorta di “realismo poetico” il suo, come è stato definito il periodo che giunge fino al ’22, dopo il quale si può parlare di un Surrealismo originale, impregnato di musicalità, di forza del colore, di poetica e di simboli esistenziali riferibili al sesso, alla bellezza del creato, a un mondo pittorico che rifugge dalla tristezza ed è un inno alla giovinezza e all’amore.



Coppa del Mondo Spagna 82_1982_ litografia_cm 95,3x60




Mondana alla Finestra_1975_incisione ad acquatinta_cm 92x63,5




Molti gli spunti confluiti nel suo linguaggio che spaziano dal gusto giapponese per una calligrafia musicale all’attrazione per la cultura romanica e bizantina, dal fascino dell’arte egizia all'amore per le miniature e per i tappeti persiani. Tuttavia una volta giunto a Parigi, Mirò scopre un mondo diverso, fatto di stimolanti amicizie, vivificato dall’arte dei Musei che vede per la prima volta, trascorso in luoghi animati come Montparnasse, dove vive e dove ha l’opportunità di conoscere personalità fondamentali per la cultura del tempo, come Andrè Masson e André Breton,  ideatori dell’estetica  surrealista di cui l’artista diviene un esponente sui generis.
Dal ‘23/24, infatti, le opere dell’artista divengono qualcosa di veramente unico e con “Il carnevale di Arlecchino”, tela famosa, nasce una personale mitologia di segni e di figurazioni caratterizzata da giocattoli, piccoli mostri, oggetti surreali  che si dispongono nella composizione in un inquieto formicolio, creando un festoso e carnevalesco spazio di gusto infantile, ma dove si leggono anche riferimenti al mondo del subconscio freudiano. Malgrado i primi anni parigini siano stati anni di stenti e di insuccessi, l’artista catalano continua la sua corsa verso il gioco dinamico e metaforico  di forme e di arabeschi lineari che, parallelamente alla crisi politica in cui versava la Spagna, diverranno alla fine degli anni ’30 i “mostri” e le “metamorfosi”, specchio di un periodo buio dentro e fuori l’artista.   Dalla felicità del decennio precedente al dramma della guerra imminente, ma nel ’40 Mirò, che ha già ritrovato la gioia primitiva grazie soprattutto alla musica, amata fin dalla giovinezza, inizia a dipingere, tra filamenti e arabeschi che ricordano i cieli di Maiorca, le “Costellazioni”, la notte, le stelle con lunghissime ciglia argentate, quasi fossero occhi fantastici e fanciulleschi.



Senza Titolo III_incisione ad acquatinta su carta Guarro_cm 92 x 72,5




Senza Titolo_1975_proveniente dalla collezione del Libro Incisorio con il poeta Prevert_cm 40x33,5




Il sole e la luna, la barca e il navigante sono tra i simboli iconografici più frequenti e altamente poetici utilizzati anche nell’instancabile attività grafica che resta una tra le più interessanti produzioni dell’età contemporanea, sia per ricchezza di esemplari sia per qualità artistiche. Iniziati fin dal periodo parigino, i suoi lavori grafici si sono intensificati negli anni ’40, per riprendere negli anni ’60 e durare a lungo: si tratta di litografie, xilografie, illustrazioni di libri, a commento grafico di opere poetiche, come quelle riferibili alle poesie di Paul Elouard e al testo Costellations di A. Breton, o come la serie presentata in questa bella mostra milanese presso la Galleria DEODATO ARTE, che traduce in immagini le poesie di Jacques Prévert. “Non ci si deve stupire- ha scritto Mario Bucci a proposito della grafica- che un pittore che ha scelto come proprio linguaggio una scrittura tanto personalmente inventata, un controllato e raffinato alfabeto che ha la suprema bellezza degli ornati barbari, la scrittura cinese, la figurata stilizzazione dei geroglifici antichi,  faccia di ogni pagina su cui traccia un segno un nuovo quadro” (1)


(1) Mario Bucci : Joan MIRO’, Collana “I maestri del Novecento” , Sadea Sansoni, Firenze 1968


Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte




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