E’ il 1857 quando a Parigi, in rue de la Paix, si apre il
laboratorio di sartoria condotto dall’inglese Charles
Frederick Worth, che può ben definirsi il primo stilista
della storia della moda, artigiano ambizioso e geniale creatore
della figura professionale del sarto moderno. Egli, infatti, a differenza
dei secoli precedenti, impone alla sua clientela, maschile e femminile,
forme e stile di propria invenzione e presenta modelli da lui firmati
come fossero l’opera di un artista. Worth non lavora su commissione,
secondo la prassi consolidata, ma decide soltanto lui ciò
che farà moda e tendenza e presenta le sue collezioni nelle
diverse stagioni, insomma detta legge, come gli stilisti attuali,
anche se il suo lavoro è destinato esclusivamente a classi
sociali molto abbienti: aristocratici, ricca borghesia, gente dello
spettacolo, dunque ancora una ristretta cerchia di persone.
Era dunque cambiata la moda nell’800? Una vera trasformazione
si era avuta soltanto nell’abbigliamento maschile nei primi
decenni del secolo, quando la borghesia inglese, anche per motivi
di lavoro, adotta un tipo di abito molto diverso dalla vistosa moda
rococò del ‘700. Mentre il costume femminile ottocentesco,
di cui ci siamo già occupati ( Archivio , Costume,
n° 20), è divenuto quel fastoso abito romantico, ricco
di trine, merletti e volant, reso ampio, dalla vita in giù,
dalla crinolina, e attillatissimo nei corpetti rivestiti di stecche
di balena, l’abito dell’uomo segue una via opposta,
ad iniziare dal colore, dove spicca il nero, che paragonato alla
fantasiosa cromia degli abiti settecenteschi, rappresenta una vera rivoluzione
del gusto. L’abito maschile ottocentesco, infatti, è
composto da 3 elementi, semplici ed essenziali: gilet, giacca e
pantaloni, sempre più austeri nella foggia e nel colore.
Com’ era accaduto durante alcuni secoli all’abito femminile
(nel Rinascimento e nella moda neoclassica), l’abito maschile
tende finalmente ad assecondare le forme naturali del corpo; perciò
i pantaloni, prima aderenti, si fanno ora dritti e affusolati, mentre
il gilet, mai troppo eccentrico, diviene elemento di raffinata eleganza,
esaltato da particolari come i bottoni o la stoffa pregiata. Anche
la giacca, infine, subisce un mutamento: dal motivo di frac, solitamente
blu, con parte superiore tagliata in vita (in uso già nell’età
napoleonica) e parte inferiore più lunga sul dietro, diventa
ora elemento unitario, la famosa redingote, dal taglio perfetto
e impeccabile e dal tessuto a tinta unita.
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Immagini di abti da "Il Corriere delle Dame"
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Autoritratto di Joann Christian Schoeller. Si noti la "redingote" di moda
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Guardando i ritratti di celebri pittori, come Hayez, Ingres o Toulouse
Lautrec, si può vedere come la redingote rappresenti per
tutto l’Ottocento l’uniforme borghese: scura o nera,
di panno morbido, è simbolo di essenzialità e di democrazia,
ovvero di un abbigliamento che, a differenza di quello dei secoli
passati, consacra l’uguaglianza sociale ed esprime quella
rispettabilità cui aspira l’intellettuale, il politico,
il patriota.
Non sono dunque le frivolezze, i broccati preziosi e lo sfarzo
a differenziare gli uomini e le classi sociali, ma il taglio dell’abito
e il buon gusto. In questo contesto la figura di George Bryan Brummel
è paradigmatica. Personaggio simbolo del dandismo, amico
del futuro re Giorgio IV, egli ha incarnato il concetto moderno
della vera eleganza, che sta nella distinzione dei gesti, dei modi
e del portamento, oltre che nello stile sartorialmente impeccabile dell’abito. L’etica
del piacere, fatta di buon gusto, raffinatezza, discrezione e igiene
della persona, divenne con Lord Brummel una filosofia di vita,
così come la sua persona è ricordata quale arbiter
elegantiarum, un rivoluzionario discreto e sobrio come pochi altri
nella storia della moda.
Dunque tra gli elementi caratterizzanti il perfetto abbigliamento
maschile vi sono il gilet, la camicia e la cravatta: il primo tende
man mano ad uniformarsi con la giacca, sia nel tessuto, sia nel
colore; la camicia, di batista o di lino, è ampia, con polsini
e gemelli, bianca come la cravatta (ma la moda inglese la prevede
nera), anch’essa di stoffa leggera che può annodarsi
in diversi modi, a seconda delle occasioni.
Scarpe classiche, stivaletti, ghette concludono l’abbigliamento del
dandy che prevede per la sera anche guanti bianchi e fazzoletto
nel taschino, oltre all’orologio con catena e al bastone,
prezioso tocco di ricercatezza. Infine grandi mantelle nere per
coprirsi d’inverno e cappelli alti, cilindrici, portati su
capelli corti, ma con lunghe basette e barbe curate, come testimoniano
i ritratti di illustri personaggi storici, ad esempio, quelli
di Massimo D’Azeglio e di Giuseppe Mazzini, dipinti da Francesco Hayez.
Un’annotazione finale: siccome la moda è fatta di continui
ritorni al passato, alcune sfilate del 2015 sembrano riproporre
per la moda maschile linee e stili da dandy, come mostrano le belle
giacche di taglio sartoriale, i cappotti e la ricercatezza
nei particolari. Era ora, secondo noi! Evviva l’eleganza!
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J. A. Dominique Ingres:Francois-Marius Granet. Museé Granet, Aix en Provence
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D. Ingres: J .Antoine Moltedo, New York, Metropolitan Museum.
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