Il cinema è la più giovane delle arti, tanto da non essersi ancora conquistato un proprio posto nell'Olimpo delle Muse. Quando nasce alla fine del 1895, il cinematografo viene subito etichettato come strumento di intrattenimento di massa. Vincolato alla realtà fenomenica che ci circonda, ci vorranno quasi sessant'anni e molte rivoluzioni, avanguardie e manifesti, prima che il cinema cominci ad essere considerato espressione artistica a tutti gli effetti. Ma facciamo un passo indietro, quando anche le arti figurative avevano lo scopo principale di intrattenere ed educare il popolo analfabeta e povero. Quello che accomuna il cinema con la pittura e la scultura è la potenza dell'immagine, ovvero la rappresentazione del visivo, veicolo di facile comprensione per qualunque tipo di messaggio s'intenda trasmettere.
Durante il Medioevo, con lo scopo di comunicare e diffondere i Vangeli, le absidi, le navate, le cappelle delle chiese vengono occupate da immagini sacre, affreschi, pale e crocefissi, che col tempo si trasformano in iconografie classiche, destinante a percorrere i secoli e ad essere fonte di ispirazione per artisti di tutte le epoche, ma soprattutto a comunicare al credente ed al profano la loro verità, che è tale perchè “la vedi”.
Dal film di Roberto Rossellini "Il Messia" (1975)
Per comprendere meglio come un grande autore contemporaneo faccia spesso riferimento alla storia dell'arte accostando immagini fisse ad immagini in movimento, osserviamo un fotogramma del film di Rossellini "Il Messia", realizzato nel 1975 per la TV.
Nel fotogramma la Madonna sostiene sulle ginocchia il Cristo morto: il paragone più diretto potrebbe essere quello con la Pietà di Michelangelo, ma la Vergine del film non guarda il Figlio, guarda noi spettatori, quasi a richiamarci ed a coinvolgerci emotivamente, rendendoci corresponsabili del delitto commesso.
Tornano alla mente le immagini frontali tipiche dell'arte medievale, affreschi e bassorilievi concepiti per coinvolgere lo spettatore, con lo scopo evidente di attirarlo all'interno della vicenda e convertirlo. Quelle immagini sono lì per tutti, coinvolgono anche il vicino che non conosci e con lui gli altri cristiani, dentro e fuori dalla chiesa; al tempo stesso il peccatore avverte che gli altri, complici quelle immagini, sono partecipi di un sentimento comune, quello dell'appartenenza ad un Corpo mistico, grazie al quale poter salvare l'anima. |
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Scuola di Avignone: Pietà- XV sec. (part.)
Quando nasce, il cinema non ha nessun passato cui fare riferimento e quindi si appella all' iconografia consolidata della pittura e della scultura, soprattutto quando si trova di fronte a temi di carattere sacro, attingendo ad un bagaglio culturale che ormai fa parte della cultura e dell'immaginario collettivo. Su questo terreno la storia del cinema e quella delle arti figurative si incontrano e scontrano più volte.
Cominciamo questo percorso partendo da uno dei cineasti più importanti del panorama nazionale e internazionale: Roberto Rossellini.
Più volte Rossellini si trova ad affrontare tematiche di carattere religioso: le sue pellicole sono impregnate di una forte spiritualità cristiana; da Paisà a Germania anno zero, i principi ed i valori del Cristianesimo guidano il destino dei personaggi condannandoli, assolvendoli o spingendoli al sacrificio.

Dal film di R.Rosellini "L'uomo dalla croce" (1943)
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Straordinaria la somiglianza del fotogramma del film di Rossellini con uno splendido dipinto quattrocentesco esposto a Parigi, al Museo del Louvre: la posizione del braccio di Cristo, abbandonato completamente sul manto di Maria, è identica a quella della scena del film ed anche il volto della Madonna è contrito ma posto frontalmente, come nel dipinto, non guarda lo spettatore, ma nemmeno lo esclude.
Il bianco perizoma che ricopre i fianchi di Cristo e la rigida posizione ad arco del corpo sono restituiti dal regista con identico pathos, così come la composizione della scena cinematografica s'ispira chiaramente alla spazialità della tavola francese, dove le figure sono poste a formare quasi una cupola attorno a Gesù.
La scena finale de L'uomo dalla croce (1943 ), sempre di Rossellini, è invece meno diretta, ma più densa di significato. Benché il film non tratti un contenuto evangelico, ma sia incentrato sulla guerra, il cappellano che sorregge il soldato morente ed il volto sofferente dell'uomo ricordano da vicino lo schema di molte Pietà cinquecentesche: lo spettatore sembra tagliato fuori dalla scena, impotente vittima anche lui di un evento assurdo. Il dolore intimo, in questa scena, ha una forte componente espressionistica e pertanto riesce a coinvolgere, così come il volto della Madonna nella Pietà michelangiolesca vaticana che guarda dolente il figlio, mentre con il gesto della mano offre all'umanità il suo estremo sacrificio, trascinando chi guarda (forse suo malgrado) nel vivo di un tormento personale e pubblico allo stesso tempo, un'emozione privata che diviene anche collettiva e si acuisce nel buio silenzioso di una sala cinematografica, percorso solo dal rassicurante fascio del proiettore.
Le fotografie sono tratte dai fotogrammi dei film: Il Messia e L'uomo dalla croce di Roberto Rossellini. I materiali sono presentati per motivi didattici e non possono essere utilizzati per altri scopi in alcun modo.
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