Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Work in progress - Anno XVII - n.72 - Luglio - settembre 2022
IN MOSTRA 


Il SURREALISMO a Cortina d’Ampezzo (BL)

di Bruna Condoleo



A Cortina la Galleria Farsettiarte inaugura il 1 agosto  la mostra "La lunga linea dell’immaginazione", in cui saranno esposti i lavori dei maggiori artisti del Surrealismo, a cento anni dalla nascita dell’Avanguardia internazionale che ha come padre il letterato francese André Bréton, ma che divenne dal 1924 un’estetica rivoluzionaria estesa a tutte le espressioni artistiche. Le opere di Salvador Dalí, Joan Miró, René Magritte, Pablo Picasso, Man Ray, André Masson, Sebastian Matta, affiancate a quelle di autori contemporanei, quali Lucio del Pezzo e Piero Gemelli, riveleranno al pubblico le suggestioni di un linguaggio straniante che rende visibile l’ “inconnu”, il mondo dei sogni, degli enigmi, delle pulsioni sommerse della psiche freudiana. Presenti nel percorso anche dipinti di Giorgio de Chirico e  Alberto Savinio, artisti che, pur non aderendo al movimento, testimoniano a volte un’evidente ispirazione ad alcuni temi dell’Avanguardia surrealista.




René Magritte, L'île au trésor, 1942-43

Differenti le personalità degli artisti che aderirono al Surrealismo, come sono diverse le tematiche affrontate da ciascuno di loro: poeta dell'inconoscibile e del mistero che si nasconde dietro l'apparenza quotidiana, René Magritte (Lessines 1898/Bruxelles 1967) è stato l' indiscusso maestro del Surrealismo belga. Magritte fu il pittore dei sensi riposti che la banalità quotidiana cela ai nostri occhi disattenti, abituati a leggere gli oggetti senza decifrarne gli oscuri messaggi; sulle sue tele terse e apparentemente fedeli alla realtà, l'Artista ha reso visibile ciò che ci fa trasalire, a volte ci scandalizza, spesso ci inquieta, poiché non ne comprendiamo il senso e la logica comuni. Provocatorio e sconcertante, espertissimo nella tecnica pittorica, creatore di un linguaggio delirante e irrazionale fu Salvator Dalì (Figueras 1904/1989). Nutrito dall'arte dei geni del Rinascimento italiano, pittore e scultore, ispirato da artisti coevi come Tanguy e De Chirico, ma anche affascinato dall'arte di Picasso, Dalì crea un mondo figurativo fatto di spazi immensi, figure deformate, rocce metamorfizzate, esseri mostruosi e stranianti, come provenienti da sogni e incubi. Lodato e criticato per i gesti plateali e gli anticonformistici modi di vivere, l'Artista catalano ha inventato un'iconografia del proprio immaginario che egli stesso ha definito perverso polimorfo, costituito dalle esperienze d'infanzia, come la prematura morte della madre e l'incomprensione con il padre, e dalle proprie fobie sessuali, insomma dalla problematica ed egocentrica personalità. Una vita apparentemente borghese, di contro, quella di Magritte, illuminata da una straordinaria vivacità intellettuale e fantastica: dopo inizi cubo-futuristi dei primi anni '20 " fu la riproduzione di un quadro di Giorgio De Chirico, "Canto d'amore", a provocare in lui la rivelazione decisiva nei riguardi dei contenuti della propria pittura.



Joan Miro, Une femme, 1932


Le scelte artistiche di Magritte, pur vicine alle tesi formulate dal poeta André Breton e ai linguaggi visionari di artisti come Max Ernst, rivelano un'autonomia critica nei confronti della tecnica pittorica surrealista e il rifiuto dell'automatismo psichico dell'immagine proposto da Bréton. La magia sospesa delle sue nitide tele nasce dallo "spostamento" di significato che si attua sulle cose, che, una volta tolte dal loro naturale e banalizzante contesto, combinate inaspettatamente con elementi incongrui e paradossali, assumono l'aspetto inquietante di una surrealtà che scompagina l'ordine stabilito dalle consuetudini, dalle ovvietà e dal perbenismo borghese. I personaggi in bombetta (purtroppo inflazionati dalla pubblicità che se n'è appropriata indebitamente!) rigidi e incravattati, ritratti di fronte o di spalle, sono l'immagine più calzante della schiavitù conformistica che massifica e divengono la rappresentazione archetipica di un mondo senza più stupori né curiosità. A differenza degli altri pittori surrealisti che prediligono forme strane e bizzarre, come quelle di Joan Mirò, l'Artista belga dipinge oggetti e figure tratte dalla quotidianità: mele, porte, finestre, cavalletti, pipe, colombe, cieli, paesaggi naturali, ma l'immagine non è più l'oggetto reale, bensì la trasposizione di un pensiero ambiguo e irrazionale. Perciò il cielo si apre entro il corpo di una colomba o sul volto di una statua; la notte avvolge una casa mentre il chiarore del giorno le fa da sfondo; i seni diventano occhi in un volto di donna...: tutte le cose, insomma, sono manipolate a mostrare l'incongruenza del mondo delle apparenze che è dunque denso di misteri più del sogno, poiché è nel visibile che si cela l'invisibile e il quadro può rivelarlo. Il panno bianco che copre spesso i volti dei personaggi di Magritte non è soltanto un ossessivo ricordo del suicidio materno, ma la metafora stessa del "segreto", di ciò che è occulto e tuttavia alberga nel reale!



Max Ernst, Quasimodo genetis, 1956


Al contrario nelle tele di Dalì si delineano scene stranianti, miti antichi rivisitati, apparizioni e scenari geologici, sciami d' insetti, autoritratti molli che alludono ad enigmi interpretativi di difficile lettura, destando ansia e smarrimento nel fruitore. Anche quando egli dipinge soggetti all'apparenza più rasserenanti, come l'amata Gala, sorella del poeta Paul Eluard, sua sposa e musa per tutta la vita, ritratta con forme plastiche e morbide su sfondi cristallini e limpidi, il suo linguaggio resta comunque colmo di misteri e di simbologie. Dare forma al delirio è il metodo che Dalì mette in atto, in opposizione alla poetica surrealista di André Breton, basata sull'automatismo psichico puro: secondo Dalì la paranoia poteva disvelarsi attraverso un approccio critico alle proprie pulsioni inconsce e ai propri conflitti interiori. Anche le scene più grottesche sono sempre dipinte con rigore disegnativo e precisione cromatica: da ciò nasce lo spaesamento dello spettatore, stimolato a porsi domande. Forme e mondi incomprensibili, oggetti sospesi e figure dalle lunghe ombre sono il frutto di un'immaginazione sfrenata e portata spesso all'eccesso, ma per ciò stesso molto attraente.
Diverso da tutti il mondo figurativo di Joan Mirò (Barcellona 1893/Palma de Maiorca 1983), l'artista catalano che incarna un aspetto lirico e infantile del Surrealismo: i suoi dipinti coloratissimi, ricchi di piccoli forme aeree, e vaganti, allusive a luoghi e a figure del proprio contesto esistenziale, spesso bizzarre, offrono un modo diverso di trasporre in immagini magiche e musicali il fantasmagorico universo surrealista. La natura è un argomento sempre presente nelle sue tele, sia come sfondo di cieli, sia come riflesso fantasioso di un universo magico e poetico in cui avvengono prodigi e che perciò stupisce e affascina.



Giorgio De Chirico, Chevaux au bord de la mer, 1026

La donna è un soggetto ricorrente e trasversale nelle opere surrealiste, immagine da evocare in tutti i suoi aspetti, distruggere, distorcere, "vivisezionare" in modi inediti. Se nell'arte di Magritte i temi ermetici della sessualità e dell'erotismo sono presenti (la moglie dell'artista, Georgette, è spesso la sua modella), tuttavia essi non rappresentano un argomento ossessivo, come, ad esempio, in Paul Delvaux, altro esponente di rilievo del Surrealismo belga, o in Dalì che mantiene l'allusività sessuale entro tematiche diverse e ambigue. Tra le opere dedicate alla donna spiccano in mostra un piccolo capolavoro su tavola del 1932 di Joan Miró e una gouache dell'amico Pablo Picasso, "Femme nue assise". Il tema della sessualità è anche argomento ricorrente del pittore e scultore tedesco Max Ernst, (Bruhl 1891/Parigi 1976), sperimentatore e inventore della tecnica del frottage, nelle cui tele l'immaginazione introspettiva, tipica del suo linguaggio ermetico e freudiano, gli consente di figurare un mondo denso di drammatica e misteriosa tensione, come si evince anche in "Quasimodo genetis", l'opera in mostra a Cortina. Qui la rappresentazione della foresta, uno dei luoghi preferiti e familiari dell'Artista, evoca il riverbero interiore dell'uomo attraverso la natura che lo ospita. La morte e la vita, la guerra, l'erotismo, il falso e il vero, il desiderio e la repulsione convivono nei suoi quadri sovvertendo e negando ogni certezza precostituita. Spicca infine nell'esposizione di Farsettiarte a Cortina una monumentale opera del 1937 di Gino Severini, Il paradiso terrestre, che ricostruisce un Eden ideale in cui si fondono idillio classico e sogno.



Savinio, Le fantôme de l'Opéra, 1929



La bella mostra, aperta dal 1 agosto, si concluderà il 4 settembre 2022.


Bruna Condoleo, storica dell'arte, giornalista, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte


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