Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno VI - n.23 - Gennaio-marzo 2010
RITRATTI E AUTORITRATTI 



Maurizio Gracceva: "Io non mi voglio arrendere"
Omaggio a Vasco Rossi
di Bruna Condoleo



Gli Angeli, 2009, tecnica mista su tela


“Il pittore che non osa scrivere, lo scrittore che non osa disegnare, spesso riesce a ritrovare nel linguaggio che non gli è proprio, di cui non è schiavo, (…) quella freschezza d'espressione che solo l'ingenuo e l'inesperto possiedono. (…) L'arte è soprattutto estraneamento dalla realtà quotidiana, rivendicazione di quell'elemento di pausa intervallare (…)” Così Gillo Dorfles in uno scritto del 1982 (1) con cui l'acuto storico e critico d'arte intende approfondire la figura dell'artista all'interno della personalità dello studioso. Il pensiero, se riferito a Maurizio Gracceva, autore di numerosi saggi di argomento letterario e filosofico ed esperto dell'opera céliniana, sembra, a mio avviso, molto calzante. Egli, infatti, ha affiancato agli interessi eminentemente intellettuali, l'amore per la pittura, covato da lungo tempo (fin dall'età universitaria), ma esploso da alcuni anni come necessario completamento di un'instancabile ricerca di sé. Se è indubbio che ogni artista porta nella dimensione
creativa il bagaglio della propria cultura, l'analisi dell'opera pittorica di Gracceva denuncia come questa evasione rappresenti anche una nuova, liberatoria espansione del suo mondo interiore. Quasi convivessero in lui duo corda, l'anima razionale, finora privilegiata e quella emotiva, controllata dall'intelletto e ora palesatasi come corrispettivo estetico della sua complessa sensibilità psichica. Nel ritrovare una creatività diversa, imperniata sull'eterna variabile del colore, dove ragione e sentimento possano superare la naturale dicotomia e fondersi in un universo di segni evocatori della complessità del divenire e della forza dell'essere, risiede il senso dell'operare di Maurizio Gracceva.
Personalità duttile e multiforme, in cui albergano il rovello del pensiero e un ineliminabile struggimento interiore, l’artista ha percorso con estrema rapidità il tempo di una ricerca che da un naturalismo astratto e mistico, con influssi d’arte orientale, attraverso una fase più drammatica e inquieta, è approdata ad un sentimento della natura caratterizzato dalla turbolenta peregrinazione nel magma della materia colorata. La realtà naturale, da cui pure ha origine la primitiva ispirazione, ha subito nella sua pittura una graduale cancellazione, decomponendosi e ricomponendosi a livello formale, più spesso trasformandosi in liquidi pensieri che cercano una loro armonia compositiva nell’intreccio di segni e di vibrazioni cromatiche. Una sensibilità, quella di Gracceva, alimentata dall’amore per la poesia (Eliot, Beaudelaire, Dickinson, Rilke soprattutto) e per la musica sinfonica (Mozart, Bach, Verdi, Wagner), in cui l’elaborazione del gesto, pur nascendo dall’istintività, si definisce progressivamente creando, quasi a livello inconscio, forme orbitali.


Rewind, 2008, pastello a cera e grafite su carta

Se la visione di un documentario sulla creatività e sulla tecnica di Jackson Pollock ha chiarito al pittore, in una sorta di folgorazione, la propria vocazione estetica, oggi il suo iter espressivo è approdato ad un Informale che non è trasformazione del modo di intendere la forma, ma una più sottile intelligenza della realtà dell'essere. Nell'ambito della liberazione dai vincoli che l'oggetto esterno ha posto all'artista già da un secolo, il Nostro vede, pensa e sente la realtà come una trama variegata di elementi pittorici e pertanto tutte le sue percezioni psichiche sono rese sotto la specie cromatica di segno e luce. Così la musica di Vasco Rossi, che da alcuni



Non l'hai mica capito, 2008, tecnica mista su cartone

anni lo ha intrigato con le sue melodie melanconiche, struggenti, amare, ironiche, nella recente produzione del pittore, cui è dedicata la mostra romana “Io non mi voglio arrendere ”, non diviene segno e colore, ma è segno e colore, sempre diversi, modulati sui ritmi e sulle atmosfere delle canzoni. Intrecci pittorici che non spiegano né traducono, ma rappresentano la sostanza stessa delle emozioni suggerite dalla musica così come si ripercuotono nell'interiorità dell'artista. Pensieri e turbamenti che le canzoni di Vasco portano con sé, echi di frasi già dette o mai udite, sentimenti fugaci che nell'acquisire visibilità con la pittura aspirano ad un'esistenza prolungata e ad una durata. Nell'integrità dinamica delle opere di Gracceva le parole dei testi del cantautore emiliano, disseminate al pari di geroglifici o graffiti infantili sulla matassa pittorica dei dipinti, si giustappongono all'insieme cromatico come contrappunti musicali. Se è vero, come asseriva Wassily Kandinskij, che il colore è

risonanza interiore e che (secondo le teorie di Paul Sérusier) vi è un'equivalenza tra espressione musicale e pittorica, nelle opere dell'artista romano il colore, come il suono, è capace di esprimere il dinamico affioramento alla coscienza della sfera emotiva. Grazie ad uno slancio vitale gli spazi della realtà sensoriale e di quella psichica si fondono e i dati oggettivi che hanno provocato l'emozione visiva vengono incastonati ermeticamente nella materia cromatica, rinviando a chi osserva il loro misterioso riflesso. L’arte di Maurizio Gracceva è fatta di momenti di accensione cromatica e grafica, di ritmi circolari che s’inseguono, quasi ritorni nella sfericità di un utero materno. In Hai mai la materia pittorica si distende e si addensa, scivola nelle trasparenze dei blu e dei viola, cerca accordi dialettici che recano la risonanza di impalpabili impressioni musicali.


Una canzone per te, 2007, tecnica mista su cartone


Le intelaiature dinamiche vibrano di un colorismo ora limpido e arioso, a volte più violento e solcato da segni neri, come in Una canzone per te, segni che rivelano la nativa gestualità e rendono lo spazio del dipinto una realtà frantumata, percorsa da liberatori impulsi emotivi. La sua pittura, infatti, realizza uno spazio percettivo che non ha rapporto con una concezione oggettiva della spazialità, ma è piuttosto uno spazio psicologico dove la tessitura cromatica avanza, si sovrappone, compiendo fughe dinamiche, ruotando su se stessa, invadendo tutto il dipinto in una composizione all over, a tutto campo. Lo spazio del quadro è quello della memoria, il segno è traccia spontanea ma controllata, il colore emotività. L’effetto visivo è di una metamorfosi in atto tra il geologico e l’organico, in cui l’apparenza ambigua delle cose è assorbita nella fisicità degli impasti cromatici. Ne risulta una struttura concitata, ora più aggressiva, ora mitigata da un colorismo delicato, ora resa con segni vigorosi, frutto di gesti liberi e impetuosi.

Nei convulsi arabeschi si possono riconoscere consonanze con l'Informale di Pollock, ma lo stile di Gracceva mostra un'originale fusione tra il dato ottico e la componente simbolica ed emotiva. La sua espressività testimonia la capacità di risolvere il linguaggio informale internazionale in modo autonomo, sia per l'arricchimento che proviene dalle personali esperienze culturali, sia per le suggestioni di una tradizione artistica, quella europea, che resta viva nel suo DNA. Se nelle sue opere si possono ravvisare echi dell'Informale europeo di Jean Bazaine (2) per l'appassionata partecipazione al divenire della natura, o di Alfred Manessier (3), creatore di trame cromatiche dall'intensa spiritualità, queste vicinanze sono meramente casuali e a posteriori , poiché l'arte di Maurizio nasce dall'urgenza di sperimentare un linguaggio capace di liberare le proprie compresse energie interiori.
La gestualità e l’espressività del segno, la scelta empatica dei colori, il fitto intreccio dei percorsi lineari rappresentano per l’artista una scoperta fantasiosa e sorgiva di vitalità. Se a ciò si aggiunge la spinta emotiva di una musica e di testi, quelli di Vasco, che amplificano sentimenti laceranti, come la fuga del tempo o le umane fragilità, allora il quadro, trama luminosa dove venir catturati come entro un’enigmatica ragnatela colorata, è il risultato di un coacervo di sensazioni, quasi una summa dell’esistenza, il modo più appropriato per il pittore di abbandonarsi al fluire incontrollato dei sensi. Vortice e vertigine, un sentimento di panteistica immersione nella totalità della natura, di cui restano orme un po’ disfatte, come cicatrici del vero: la forma di un corpo, la linea sinuosa di un albero, le tracce di fiori carnosi, il volto offuscato di Vasco….




Hai mai, 2008, grafite e pastello a cera su carta
La valorizzazione delle qualità semantiche della materia fa sì che le immagini siano come sismogrammi rivelatori di turbamenti, gioie, incertezze, profonda solitudine.
Alla simultaneità tra fase ideativa e fase esecutiva, che caratterizza l’Action Painting americana e la tecnica del dripping, da Gracceva già sperimentata, egli oggi preferisce una pennellata che, dopo un’iniziale aggressione alla tela o alla carta, si fa più meditata, prolungando l’azione gestuale in una mescolanza di ordine e caos, di calma e inquietudine. Nel processo creativo la fitta e consequenziale trama dei segni è dunque importante quanto l’effetto finale, poiché la stratificazione di linee e colori racchiude in sé un valore autonomo ed essenziale quanto il risultato ultimo. Se il dipinto per Pollock trascrive l’immediatezza dell’azione gestuale


Vieni qui, 2008, tecnica mista su m.d.f.


dell’artista, per il Nostro l’opera è anche un prolungamento del sé, da far progredire con pennellate sovrapposte, spatolate energiche di colore, sovrascritture che si generano all’unisono con il mutare del proprio vissuto emotivo.
Il temperamento del pittore, grazie anche alle sue attività critiche di scrittore, gli permette di puntare ad un tono alto di espressione, nel quale sono riconoscibili una profonda sensibilità cromatica e una vigorosa risolutezza nell’individuare come valori assoluti il segno ed il colore.
Accenni di disegni dai tratti barbarici, rimandi all’Art brut (arte sorgiva) di dubuffetiana memoria, evocazioni della realtà elaborata nel proprio inconscio costituiscono nei dipinti di Gracceva un neofigurativismo, un immaginario costituito dagli elementi ricorrenti di un’iconografia tutta personale: la forma evanescente dell’albero-donna, la donna-fiore, i nudi goffi e fluttuanti, le elaborazioni grafiche del cerchio, i nuclei magmatici. Il riferimento all’arte dei primitivi e un arcaismo di fondo, reso esplicito dalle sproporzioni delle forme corporee e dalla mancanza di riferimenti spaziali, si coniugano spesso con un’ironia sottile, presente in alcuni dipinti in mostra, come Susanna o Ti taglio la gola, cui le gamme brillanti dei gialli e dell' arancio, dei rosa, dei violetti e dei blu donano leggerezza allentando il pathos latente nei ritmi lineari. La forma del cerchio, soprattutto, appare centrale per l’artista: è l’uovo cosmico, il luogo perfetto ove può compiersi il prodigio di una rinascita.



Vita spericolata, 2008, tecnica mista su carta








T'immagini, 2007, tecnica mista su tela
C’è forse nel cerchio il ricordo di un’esistenza altra, un habitat fisico che conserva il suggello del metafisico, o forse è pura metafora, nel senso etimologico di portare (phérein) oltre (metà), ovvero condurre l’ansia di universalità entro l’appagante perfezione di una forma perfetta, cui allude anche la rotondità dell’albero di Rilke, da Gracceva spesso citato, protetto con la sua chioma circolare dalla ostile incursione degli elementi naturali. Un inno alla vita, una forma che è implicitamente un superamento della paura della morte?
Scompaginare le regole dei sistemi tradizionali, addentrarsi nei meandri dell’essere e tuffarsi nelle fluttuazioni dei colori dove le forme si sfaldano facendo emergere il caos primordiale, riappropriandosi della capacità di coniugare una fervida immaginazione con gli stimoli del mondo esterno, è lo spirito che anima l’esperienza pittorica di Maurizio Gracceva. Nei suoi lavori levità e inquietudine si compenetrano per superarsi a vicenda, ora accentuando il delicato mélange delle tinte, ora acuendo il pathos delle linee scure, come graffi dell’anima. Per il Nostro l’avventura della pittura in una vita già tanto ricca di interessi culturali, non costituisce soltanto una pausa intervallare, ma una necessità dirompente di dare voce al suo daimon, al furor cromatico con cui riesce forse a svelare il suo io più segreto.

Note
(1) Gillo Dorfles, Rivista “Taide”, 1982
(2) Jean Bazaine(Parigi, 1904/2001)
(3) Alfred Manessier (Saint Ouen, 1911/1993)



Maurizio Gracceva è nato a Roma, dove vive e insegna Storia e Filosofia al Liceo "Augusto". Uomo di molteplici interessi culturali, come esperto dell'opera celiniana ha scritto i libri "Le parole e la morte, L'enigma Céline e l'Introduzione all'edizione integrale de La Chiesa". E’ inoltre autore di "La trance gelida. Genealogia dell'Io e nichilismo in Benn, La morte di Diotima. Il mito dell'Unica nell' Iperione di Hoelderlin", nonchè di numerosi saggi e articoli di argomento letterario e filosofico pubblicati su riviste specialistiche e sulle pagine culturali di quotidiani nazionali. La sua passione per la pittura risale al periodo della formazione universitaria, ma solo da alcuni anni vi si dedica con assiduità. Dopo i fecondi inizi nell’ambito di un’estetica espressionista, di tendenza lirica e astratta, le incursioni nell’Informale americano lo conducono all’attuale espressività, uno stile maturo in cui le suggestioni naturalistiche, rivisitate da forti impulsi emozionali, rivelano un interesse cromatico e segnico divenuto per l’Artista un valore di primaria importanza. Nel 2006 ha tenuto la prima personale "Forse soltanto un albero", presso la Libreria Alice a Roma; coautore del video "I sette vizi capitali" (Premio della critica "Akab Short Movie Festival"), ha partecipato alla Mostra-Concorso Arte Contemporanea e Hiv, edizione 2006, presso il Centro Studi Cappella Orsini di Roma. Del 2007 è la personale "Opere recenti", presso il CASC della Banca d'Italia a Roma; sempre nello stesso anno espone nella mostra "Sublime disfacimento" presso il Centro Studi Cappella Orsini, mentre partecipa con alcuni lavori ad una collettiva presso la Galleria L' Acquario, in via Giulia a Roma. Del novembre 2007 è la personale "La natura ama nascondersi", presso la Libreria-Galleria Fuorilemura a Roma e alcune sue opere vengono esposte nel dicembre dello stesso anno nella collettiva "Artisti a confronto", presso la Galleria l'Acquario. Nel 2008 inaugura l’importante personale "Presenze", presso la Galleria d'Arte Augusto Consorti, in via Margutta a Roma; è presente in una collettiva presso la Galleria L'Acquario e in occasione del 70° del Liceo Augusto tiene la personale "Gelassenheit". Nel febbraio 2009 partecipa ad una collettiva presso lo spazio espositivo RGB46, a Roma, dove nel mese di maggio, insieme al figlio Dario Gracceva, anche lui valente pittore, inaugura una “personale” a due voci, dal titolo" Were is Bob?"(con impliciti riferimenti-omaggio al Twin Peaks di David Lynch).


Personale di pittura: Maurizio Gracceva. "Io non mi voglio arrendere". Omaggio a Vasco Rossi, presso la Galleria L'Acquario, via Giulia 178, Roma. Inaugurazione: giovedi 18 febbraio 2010, ore 18.00, L'esposizione proseguirà fino al 6 marzo 2010.Tutti i giorni: 11.00/13.00; 16.30/19.30, escluso festivi e lunedi mattina.

Catalogo a cura di Bruna Condoleo, disponibile in Galleria.

info: mauriziogracceva@libero.it



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