Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno VI - n.26 - Novembre-dicembre 2010
RITRATTI E AUTORITRATTI 



DANIELE POZZI: Galaxìas
di Bruna Condoleo






Daniele Pozzi: Controcampo, 2006, olio su tavola


Pittore, musicista e compositore, autore di video con cui documenta le sue ricerche nell'ambito della scultura, Daniele Pozzi, fin dall'epoca dei suoi studi all'Accademia di Brera, ha sentito prepotente l'esigenza di immergersi nei meccanismi della natura per approfondirne i legami spirituali con la vita interiore. Il suo sguardo pittorico esplora l'animo dell'universo concepito nella atemporalità di una preistoria del visibile, in cui pianeti, cieli immensi, orbite galattiche, gigantesche strutture, simili a misteriosi relitti di civiltà scomparse, offrono una
panica sensazione d'infinito. Immagini cosmogoniche in continuo divenire, gli oli di Pozzi, evocando forme archetipiche sedimentate nell'inconscio collettivo, conducono all'origine dei miti e delle concezioni astronomiche di tutti i popoli della terra. I fiammeggianti dischi solari, simboli d'infinito, rimandano, infatti, ad antiche leggende dei Caldei, degli Egizi e alla mitologia classica che favoleggiava di astri infuocati capaci di distruzioni universali, come quello descritto da Ovidio nella narrazione poetica del mito di Fetonte. Storie nate con l'uomo, metafore universali dello spirito umano cui Daniele Pozzi dà forma pittorica attraverso fantascientifici paesaggi che possiedono una non comune dilatazione spaziale, evocatrice di scenari apocalittici suggeriti anche da una moderna e virtuale cinematografia. Si tratta di visioni intergalattiche, di mondi sconvolti da cataclismi di lontanissime ere geologiche, oppure sono scenari allarmanti di uno scioccante day after?
Per esprimere in maniera tangibile la foga che lo anima Pozzi abolisce i pennelli e dipinge con le mani come se, grazie al contatto fisico con l'opera, egli possa instaurare con essa un continuum di emozioni.


Nierika - Architetti, 2009, olio su tavola

Il polpastello del dito medio scivola sulla tavola spandendo con un virgolato a volte breve e frenetico, a volte ampio e centrifugo, smaltate gamme cromatiche di blu profondi, rossi-arancio accesi, verdi acidi e bianchi lattiginosi, mitocromie da cui sprigionano forza ed empatia. Il bianco, ad esempio, come spiega Kandinsky nell’opera capitale -Della spiritualità nell’arte-, “.. risuona come un silenzio che possa improvvisamente venir compreso, è un nulla che è giovanile, o meglio ancora un nulla che è prima del principio, prima della nascita”. L'ordito formale, fluido e dinamico, dei quadri di Pozzi rivela una creatività cinetica ed esuberante che intende

Figlio unico, 2006, olio su tavola
tradurre l'immagine eidetica della forma universale collegandosi idealmente alle fonti originarie e alchemiche dell'inconscio.
L'interesse per la natura, quella macroscopica dei primordiali (o futuri) mutamenti dell'universo, si declina anche nella dimensione più quotidiana della scultura, intesa dall'artista come rapporto osmotico tra natura e uomo nel loro reciproco intrecciarsi.
Modellate in forme essenziali e volutamente primitive, come fossero fossili alieni, le opere definite da Pozzi “Uplife”, inglobano terra seminata: quest'ultima, rompendo l'involucro permeabile di cera che ne ricopre la forma, fiorisce dando vita ad un essere metamorfico, in parte lasciato alla sponteaneità ed alla imprevedibilità delle leggi naturali, in parte determinato dall'artista. Non è soltanto un'estetica che prevede la possibilità di intervenire nei processi di sviluppo della natura,
alla stregua dell'opera di Giuseppe Penone, con cui Pozzi condivide entusiasticamente posizioni teoriche e ricerche pratiche, ma è un'idea della scultura in cui le energie dell'uomo e quelle della materia possano sommarsi e interagire in una contiguità di umano e vegetale. Vista, olfatto e tatto sono infatti coinvolti nell'opera che assume la forma primordiale dell'uovo, simbolo di vita e di rigenerazione, e  possiede il fascino misterioso di una realtà mutevole dove vita e morte si inseguono: l'oggetto scultoreo diviene la testimonianza della precarietà dell'essere, dell'eterno coesistere di eros e thanatos, suggestiva dicotomia espressa in tanta parte del pensiero artistico antico e moderno.



Albert Einstein - Come io vedo il mondo, 2006, olio su tavola
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Non è casuale che il titolo di molte opere, rivelatrici della poetica di Daniele Pozzi, sia Nierika, un termine desunto dall'antico linguaggio esoterico di un popolo nord-messicano (gli Huicholes), che indica il limite tra finito e infinito, ma anche il luogo del passaggio cosmico da una realtà sensoriale a quel mondo soprasensibile e misteriosofico che costituisce l’oggetto dei suoi quadri.





Nato a Desio (MI) nel 1975, Daniele Nabi Pozzi si è laureato in Pittura e Arte contemporanea presso l'Accademia di Belle Arti di Brera. L'interesse per la pittura inizia a soli sei anni, quando impara a dipingere ad olio; con la maturità, grazie anche all'approfondimento di alcuni movimenti e linguaggi artistici, come l'Arte Concettuale e le ricerche di Joseph Beuys, l'Arte Povera, l'opera di Lucio Fontana, Pozzi elabora un proprio mondo espressivo, dove il colore e l'interesse per la spazialità assumono un valore primario. Da 4 anni vive e lavora a Roma.



Mostra: “Daniele Pozzi . Galaxìas ”,
18 novembre - 9 dicembre 2010 - Inaugurazione: 18 novembre 2010, ore 18.00
Galleria L'Acquario, via Giulia 178. 00186 Roma
info: galleriacquario@galleriacquario.it
Orari di apertura: 11.00/13.00; 16.30/19.30, escluso festivi e lunedi mattina.

Organizzazione e comunicazione Artes Faveo,
www.artesfaveo.com
- studio@artesfaveo.com
Info: Francesca Pardini- francespardini@hotmail.it

danielepozzi.web@gmail.com


 


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