A Roma, presso la GAM, si sta svolgendo la mostra DONNE. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione in cui s’indaga l' evoluzione dell’immagine femminile,
protagonista dell’arte dalla fine dell’Ottocento alla contemporaneità.
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Giulio Aristide Sartorio, Le Vergini savie e le Vergini stolte,
1890-1891, olio su tavola, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Giuseppe Carosi, Angelo dei crisantemi (L'Angelo del dolore), 1921, olio su tavola, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Da oggetto da idealizzare ad ammaliatrice a soggetto misterioso che s’interroga sulla propria identità, fino alla nuova immagine nata dalla contestazione degli anni sessanta, la donna è la protagonista dell’esposizione romana che intende riflettere sulla figura femminile attraverso la visione di artisti che ne hanno interpretato l'immagine e il ruolo tra fine Ottocento, lungo tutto il Novecento ai giorni nostri.
“Le donne devono essere nude per entrare nei musei?” si domandava in maniera provocatoria lo slogan di uno dei più famosi collettivi di artiste femministe americane. L’interrogativo rifletteva su una verità incontrovertibile: per secoli l’immagine femminile è stata l'oggetto preferito dell'arte e il nudo femminile forma da studiare, modello di bellezza, di erotismo o di ludibrio, mentre la modella del pittore diventava, alternativamente, la musa ispiratrice, la seduttrice oppure l’esempio di doti domestiche e di virginale maternità. Tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del XX secolo la rappresentazione della donna č ambivalente: da una parte immagine angelica, puro spirito immateriale, dall'altra minaccia, fonte di peccato e perdizione.
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Adolfo De Carolis, Donna con fiori (Nudo di donna con rose), 1910, olio su tela, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Giacomo Balla, Il dubbio, 1907-1908, olio su carta Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Da Le Vergini savie e le vergini stolte di Giulio Aristide Sartorio, alle modelle discinte in pose provocanti dei pittori divisionisti passando a L’angelo dei crisantemi di Angelo Carosi, la donna vive sospesa tra il suo essere allo stesso tempo ninfa gentile e crudele tentatrice, musa e sfinge, analogamente a quanto avveniva nella contemporanea letteratura simbolista e decadente di D’Annunzio, dei poeti d’oltralpe e nelle pellicole cinematografiche che facevano vivere sullo schermo le prime dive dell’epoca moderna.
I profondi cambiamenti sociali, politici che seguirono la fine della Grande Guerra con la messa in crisi dei valori tradizionali, determinarono anche la prima grande rottura di quell’immaginario consolidato.
Di pari passo all’emancipazione sociale delle donne, dai primi movimenti delle suffragette in Europa alla prepotente entrata nel mondo del lavoro a causa delle contingenze storiche, anche la raffigurazione dell’immagine femminile nelle arti visive risentì delle contraddizioni di una società che stava cambiando. Alla trasformazione delle dinamiche sociali si aggiunse l’impatto che su tutta la cultura occidentale del Novecento ebbero le teorie freudiane (L’interpretazione dei sogni è del 1900) che scardinarono per sempre l’immagine armonica della famiglia tradizionale, ora descritta come coacervo di pulsioni e conflitti.
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Vincenzo Gemito, Ritratto di Anna Gemito, 1886, terracotta e creta, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Antonio Donghi, Donna alla toletta, 1930, olio su tela, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Nella serie dei ritratti esposti al secondo piano della mostra romana spicca, tra gli altri, il volto di Elisa (Il dubbio), la moglie di Giacomo Balla, ritratta mentre si volta per guardare qualcosa o qualcuno dietro di sé. Il valore iconico dell’immagine è racchiuso nello sguardo che muta lo stupore in seduzione e curiosità trasformando il ritratto della giovane donna da oggetto da ammirare a soggetto misterioso. Nei dipinti dei primi decenni del '900 si trovano figure di donne allo specchio che s’interrogano sulla propria identità, volti enigmatici che esprimono con lo sguardo ermeticità, oppure sono ritratti realistici nudi espressionisti che si alternano a visioni di un’umanità felice in uno spazio senza tempo (Massimo Campigli).
Il forte richiamo alla famiglia italica tradizionale propagandata dal Fascismo, insieme al decremento dell’occupazione femminile, al fine di riaffermare l’esclusivo ruolo della donna come madre, trovò riscontro in molte opere degli anni Trenta e Quaranta; ma spesso questo ruolo viene disatteso in immagini in cui l’intimità delle mura domestiche diventa un luogo segnato da indecifrabili solitudini esistenziali, come nell'inquietante gesso di Antonietta Raphaël, dal titolo "Riflesso allo specchio. |
Massimo Campigli (Max Ihlenfeldt), Le spose dei marinai, 1934, olio su tela, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Antonietta Raphael Mafai, Riflesso allo specchio, 1945-1961, gesso, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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Il voto delle donne nel 1946 rappresentò una svolta radicale nella storia italiana, anche se bisognerà attendere la fine degli anni Sessanta, quando le lotte per il raggiungimento della parità di diritti produssero nelle donne un profondo cambiamento nella percezione di sé, delle proprie possibilità e potenzialità nei più vari ambiti culturali, compreso quello artistico.
Contemporaneamente alla contestazione sociale dei modelli patriarcali, la consapevolezza di una nuova identità femminile fu al centro della ricerca di molte artiste (Giosetta Fioroni, L’altra ego) e anche il ruolo predestinato di “madre”, passando dalla condizione di scelta obbligata, divenne il fulcro del dibattito sulle libertà della donna e sulla riappropriazione del proprio corpo.
Il ricco percorso espositivo è accompagnato da videoinstallazioni, documenti fotografici e filmici tratti da opere cinematografiche e cinegiornali provenienti dalla Cineteca di Bologna e dall’Archivio dell’Istituto Luce-Cinecittà che ne hanno curato la realizzazione. In una sala della mostra sarà proiettato il film, prodotto dall’Istituto Luce, Bellissima (2004) di Giovanna Gagliardi che attraverso documenti storici dell'Archivio Luce, spezzoni di film, canzoni popolari e interviste racconta per immagini il cammino delle donne nel ventesimo secolo.
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Giuseppe Pascali, La Gravida (Maternitŕ), 1964, tecnica mista, Roma, MACRO
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Cesare Breveglieri, Le sorelle, 1929-1930, olio su tela, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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L’ultima sezione della mostra, dedicata alle dinamiche e alle relazioni tra gli sviluppi dell’arte contemporanea, l’emancipazione femminile e le lotte femministe, presenta materiale documentario e testimonianze di performance e film d’artista di alcune protagoniste di quella stagione fondamentale, provenienti da collezioni private, importanti Musei e istituzioni pubbliche.
Per tutta la durata della mostra (fino all'autunno inoltrato) il percorso sarà arricchito da nuove opere presentate al pubblico con incontri inseriti nel ciclo L’opera del mese.
Infine la GAM, Galleria d'Arte Moderna, dalla primavera 2019 lancerà, attraverso il suo sito e i social networkanche il contest #donneGAM tramite il quale inviterà il pubblico a postare fotografie di donne protagoniste della propria storia familiare. Immagini di nonne, madri, sorelle, compagne, ritratte al lavoro, a scuola, in casa o in altri luoghi di vita, di attività e di impegno per documentare le tante storie di donne di ieri e di oggi. Tutte le fotografie saranno trasmesse in mostra, tramite un monitor, in un'area appositamente allestita.
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Luigi Di Sarro, Senza titolo, 1975, gelatina bromuro d'argento, Roma, MACRO
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Sissi-Riccardo Abate, Fotografia della performance "T", 2003, stampa fotografica su alluminio, Roma, MACRO
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Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Cineteca di Bologna, Istituto Luce-Cinecittà, la mostra, che si concluderà il 13 ottobre 2019, presenta circa 100 opere, tra dipinti, sculture, grafica, fotografia e video, di cui alcune mai esposte prima. Per i possessori della MIC Card l’ingresso alla mostra è gratuito.(CS)
Ufficio Stampa Zčtema Progetto Cultura
g.gnetti@zetema.it
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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